«Io, industriale sul lastrico finito
in dormitorio, così mi sono ripreso»

Domenica 18 Ottobre 2015 di Mauro Favaro
«Io, industriale sul lastrico finito in dormitorio, così mi sono ripreso»
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«Sono andato a prendere due rose per Filippo: la prima da lasciare lungo il Sile, dove si è tolto la vita, e la seconda da mettere sopra il suo letto in dormitorio, rimasto vuoto. Ho raccontato al fiorista la storia di un senza dimora che si è tolto la vita. E lui mi ha dato tutto senza volere un solo euro. Un gesto di meravigliosa sensibilità. Segno che qualcosa finalmente si muove anche qui». È uno dei tanti racconti di speranza emersi ieri sera nella "Notte dei senza dimora", organizzata per la prima volta in piazza dei Signori. A parlare è Davide, nome di fantasia, 54enne ex imprenditore di Conegliano che a causa della crisi ha perso tutto. Fino a finire nel dormitorio di Treviso. E Filippo era il compagno di stanza incontrato nello stesso dormitorio.



Filippo Lena, il 44enne senza dimora che il primo maggio si è gettato nel Sile dal ponte dell'università. Il suo nome è stato tra quelli dei 183 clochard morti in Italia dal 17 ottobre dell'anno scorso ricordati ieri durante la passeggiata di senza tetto e volontari partita da piazza dei Signori e arrivata, dopo aver girato il centro, nel dormitorio comunale di via Pasubio, aperto per l'inizio dell'emergenza freddo. Davide ha deposto le rose in ricordo dell'amico. A lui, fortunatamente, è andata in modo diverso. È entrato nel dormitorio nel novembre dell'anno scorso. Prima alla Caritas e poi a Santa Maria del Sile. E ne è uscito a luglio. «La prima notte avevo la morte nel cuore. È un umiliarsi - spiega - ma quando si perde tutto bisogna avere il coraggio di mettere da parte l'orgoglio e chiedere aiuto». Da lì è ripartito. «L'istinto di sopravvivenza ti fa adeguare a tutto - continua - l'esperienza è stata fortissima. Ma la augurerei a qualcuno, così che possa imparare a vivere con poco. Nella vita non conta solo l'auto potente, ma anche la semplicità con cui si vive».



Nella Marca è forse più difficile che altrove. «Il NordEst è cattivo con chi ha fallito. Ti appiccicano l'etichetta di perdente - sottolinea Davide - molti sono abituati a un certo status. E chi non ce l'ha, per loro non è nemmeno da calcolare. Eppure è tanto facile cadere giù». Per lui è stato importante anche l'aiuto ricevuto attraverso il numero verde attivato dalla Regione per gli imprenditori in crisi. Uno strumento pensato per mettere fine alla catena di suicidi. «Ho capito che non ero finito - conclude Davide - adesso sono ripartito. Lavoro e faccio il volontario in dormitorio. No, non ero finito».
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