Giglio, parla il capo degli ammutinati:
così ho salvato i passeggeri della Costa

Sabato 21 Gennaio 2012 di Laura Bon
Martino Pellegrini
TREVISO - Martino Pellegrini, 35 anni, ufficiale di coperta della Costa Concordia, diventato probabilmente l'uomo chiave per capire cosa sia successo all'interno della Costa Concordia. Secondo quanto trapelato dalla Procura di Grosseto sarebbe stato proprio lui a guidare l'ammutinamento nei confronti del comandante Schettino. Una risoluzione presa dai secondi che avrebbero deciso autonomamente di dare il via all'evacuazione senza attendere l'ordine del loro comandante. In attesa degli sviluppi dell'inchiesta, l'ufficiale trevigiano è già diventato un uomo simbolo. Ha fatto fino in fondo, con mente e cuore, il proprio dovere: è lui infatti che, dopo avviato le operazioni e dopo aver salvato migliaia di vite, alle 4 del mattino è tornato nel ventre del gigante ormai evacuato per indicare possibili vie o passaggi ai soccorritori.



A pochi giorni dalla tragedia, l'ufficiale Pellegrini, originario di Nervesa del Montello e residente ad Arcade, è tornato a casa. Ha riabbracciato i familiari e ha stretto a sè la compagna e il frugoletto di neppure sei mesi che aveva lasciato quando ne aveva due.



Aveva mai viaggiato con Schettino? Che impressione ne ha ricavato?

«Ho avuto a che fare con lui solo in occasione di quest'ultimo contratto, partito un paio di mesi fa e che sarebbe terminato fra poche settimane. Prima non lo conoscevo e non ci avevo mai lavorato assieme. Per quanto riguarda gli aspetti secretati non posso dir nulla: è tutto nella deposizione che ho rilasciato alla Procura».



Che ruolo ha avuto nelle operazioni?

«Sul lato più alto della nave, dove la gente si è istintivamente radunata pur essendo il fianco più pericoloso, dato che da lì è più difficile buttarsi in acqua, sono riuscito a mettere in mare sei lance. La settima si è incastrata ed è stato tremendo vedere tanti passeggeri che non erano riusciti a salire. Poi mi sono spostato sull'altro lato, il più basso: ho gonfiato quattro zatterini, in ognuno dei quali in teoria potevano stare 35 persone, mentre in realtà ne sono salite molte di più. Alla quinta sono stato slacciato dalla nave».



Ha messo in sicurezza un migliaio di persone. Si sente soddisfatto?

«Proprio no. In questi casi uno vorrebbe che il bilancio fosse completamente positivo. I fatti dimostrano che non è stato così».



Come si è sentito, poi, quando, fra le 4 e le 5 del mattino, le hanno chiesto di tornare a bordo?

«Ho fatto una telefonata alla mia compagna: ho un bimbo piccolo e quindi delle responsabilità. Lei, comprensibilmente, non era molto d'accordo sul fatto che accettassi, ma mi ha detto che sapeva che, comunque, avrei fatto di testa mia. Io però avevo bisogno di sentirla».



È tornato nel gigante distrutto, nel silenzio di morte, nell'oscurità.

«Quel silenzio è stato incredibile. Come stare dentro o vicino a un pesce morto. Quelle navi sono un festival di rumori, non riposano mai: vederla immobile, sentire che non "respirava" più, è stato un momento irreale».
Ultimo aggiornamento: 22 Gennaio, 17:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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