Medici di base, sos per 100mila trevigiani: caccia ai neolaureati

Sabato 12 Febbraio 2022 di Mauro Favaro
La carenza dei medici di famiglia è un problema noto e acuito dalla pandemia: è caccia ai neolaureati
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TREVISO Sono quasi 100mila i trevigiani che nel corso del 2022 saranno costretti a cambiare medico di famiglia. E davanti alla pesante carenza di camici bianchi, buona parte non potrà fare altro che rivolgersi a medici in servizio fuori dal proprio comune di residenza.

I numeri sono netti. L’anno scorso sono andati in pensione oltre 70 dottori di famiglia. Quest’anno verranno sicuramente seguiti da altri 11 colleghi che hanno raggiunto il limite d’età dei 70 anni. Ma secondo i sindacati ci sono almeno altri 50 dottori pronti a lasciare. «Perché anche se non sono arrivati al limite d’età hanno comunque maturato i requisiti per la pensione», spiega Salvatore Cauchi, segretario dello Snami del Veneto, il sindacato autonomo dei medici. 


GLI AMBULATORI

 
A conti fatti, nel corso dell’anno bisognerà provare a coprire qualcosa come 60 ambulatori vacanti. Il punto è che manca proprio la materia prima: i dottori. Ora 24 ambulatori sono stati assegnati ad altrettanti medici specializzandi, ancora impegnati nel triennio di formazione specifica in medicina generale. A Treviso, in particolare, ne arriveranno cinque. Ma non basta. «Quello della carenza dei medici di famiglia sarà senza dubbio il problema del 2022 – scandisce Stefano Formentini, direttore sanitario dell’Usl – fermo restando che ci sono più variabili, la prospettiva è che diversi medici vadano in pensione». Ieri l’argomento è stato al centro della conferenza dei sindaci dell’azienda sanitaria. Nel territorio già oggi mancano 63 camici bianchi. A livello complessivo, la Marca avrebbe bisogno di 508 dottori di famiglia. Adesso ce ne sono 493. Vuol dire 15 posti vuoti, senza contare gli imminenti pensionamenti. Nelle guardie mediche va pure peggio: qui ci sono 88 dottori su 136, cioè 48 posti vuoti. Dopo la chiusura della guardia medica di Paese per carenza di personale, le altre sedi per il momento sono state salvate grazie anche a turni coperti dagli stessi medici di famiglia, che sono già pochi. L’Usl le sta provando tutte per metterci una toppa. Il progetto più ambizioso è quello che mira a portare il numero massimo dei pazienti seguiti da ogni singolo medico da 1.500 a 1.800. Sono previsti degli incentivi per l’inserimento di personale di segreteria. L’adesione, però, è su base volontaria. E fino ad oggi non ci sono state le corse. Solo una sessantina di dottori di base hanno detto di sì. Così si recuperano posti per 18mila pazienti. Ma a quanto pare ci si è fermati qui. «Se vi fosse l’adesione di più medici, il problema della carenza di dottori potrebbe essere superato», fanno notare dell’azienda sanitaria. Resta il fatto che non sta andando così. 


IL FRONTE

 
I cinque medici di Spresiano, ad esempio, hanno rifiutato di salire a 1.800. E con loro molti altri. «E’ un dovere morale nei confronti dei pazienti che non sarebbero assistiti allo stesso modo – ha spiegato Luca Gambino, uno dei dottori di Spresiano – già adesso lavoriamo tra le 13 e le 14 ore al giorno. Siamo stanchi e scoraggiati. Continuiamo a impegnarci sul fronte clinico, ma siamo schiacciati da qualcosa che è diventato burocratese. L’unica soluzione è incrementare l’organico».«La situazione ormai non è più sostenibile – aggiunge Bruno Di Daniel, medico di famiglia a Maserada, segretario dello Snami di Treviso – siamo presi d’assalto da centinaia di richieste al giorno. E’ inevitabile che poi si fatichi a rispondere a tutti». Dal canto proprio, l’Usl ieri ha assicurato ai sindaci che sta cercando camici bianchi con il lumicino. «Ci stiamo adoperando quotidianamente alla ricerca di medici e di nuove soluzioni per contenere la grave carenza – dicono dall’azienda sanitaria – anche attraverso chiamate ai neolaureati nuovi iscritti all’Ordine dei medici di Treviso e delle province vicine». Non solo. L’Usl telefona direttamente pure alle sedi delle facoltà di Medicina e alle scuole di formazione in medicina generale. Si guarda ai giovani. Quando entrano in specialità, però, si finisce in un vicolo cieco. «Si stanno percorrendo tutte le opzioni possibili per garantire i servizi sul territorio, nonostante le difficoltà – concludono dall’azienda sanitaria – la problematica, come più volte ribadito, è di carattere generale e legata a errori nella programmazione nazionale. La pandemia e l’ingresso nelle scuole di specializzazione di molti medici che prima prestavano servizio, con la relativa incompatibilità dell’incarico presso l’Usl, stanno rendendo difficile il reperimento di nuove risorse, anche tra i neolaureati appena iscritti agli Ordini dei medici».
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Ultimo aggiornamento: 08:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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