​Daniela Zanco: «Sport e figli nel cuore, Gilberto un nonno tenerissimo»

Mercoledì 24 Ottobre 2018
Daniela Zanco: «Sport e figli nel cuore, Gilberto un nonno tenerissimo»

TREVISO - Gilberto Benetton padre e nonno. Le generazioni che si avvicendano nel segno dei sogni e delle passioni. E quell'estate magica sull'Adriatico, in cui due bambine diventano donne. Daniela Zanco, 44 anni, trevigiana, ha condiviso con Sabrina Benetton la passione per lo sport. Ha visto la famiglia al di fuori delle logiche della celebrità e della ricchezza, e regala un ricordo bellissimo di misura e normalità. Lei ha potuto conosce i Benetton della quotidianità, tra le pareti domestiche, lontani dai clamori. La famiglia laboriosa e solida che non aveva autisti o servitori, almeno in quella fase. «Un padre con la grande passione per lo sport e attaccato ai figli. E un nonno tenerissimo- racconta - l'ho visto esultare per il canestro della nipotina Carlotta con la stessa foga con cui si alzava in piedi in campionato». Dietro la convenzione dei capitali e delle definizioni Gilberto Benetton appare come un padre affabile e aperto. Che, nonostante la professione, ha sempre trovato il proprio punto di equilibrio in famiglia. «Si sono sempre voluti tanto bene: i genitori e le due sorelle. Nonostante tutte le difficoltà della vita».  L'incontro nasce in Ghirada. «Erano gli anni Ottanta. Io e Sabrina eravamo due bimbe. Lei un paio di anni più di me. Ci siamo conosciute sul campo, alle elementari, quando il signor Gilberto mise in piedi una sorta di minibasket femminile».
Vi piaceva la pallacanestro?
«Diciamo che piaceva molto ai nostri padri. Entrambi super tifosi. Noi forse avremmo preferito danza. Io al mio dicevo sempre: non sono un maschio. Ma poi ci siamo appassionate».
Erano anni pionieristici per la Ghirada 
«C'era una sagoma di palestra e intorno il nulla. Campi arati. Era la campagna dentro la città. Noi però eravamo orgogliose di appartenere a quel gruppo: ci sentivamo un po' un'enclave femminile in un mondo di maschi».
Perchè era così speciale? 
«Non esistevano i cellulari. Noi ci vedevamo in palestra e poi cercavamo di stare insieme il più possibile. I nostri genitori si davano il turno per accompagnarci. Eravamo amiche, andavamo d'accordo, era il nostro mondo».
Anche il signor Gilberto? 
«Più spesso sua moglie Lalla, ma è capitato che anche il signor Gilberto ci accompagnasse a casa. A volte, siccome i miei avevano un'attività in centro, mi fermavo a cena da loro».
Che effetto le faceva?
«Nessun effetto: non hanno mai ostentato status e ricchezza. Erano e sono una famiglia meravigliosa. Non erano persone inclini allo sfarzo. Potrei dire: i classici vicini di casa che ognuno vorrebbe avere. Simpatici, aperti, collaborativi».
Avete fatto strada nella pallacanestro?
«No, direi che nessuna di noi aveva un reale talento. Quello che ci siamo portate dietro però è stato il senso di un'esperienza di gruppo stupenda, pulita, onesta. Al punto che entrambe, sia io sia Sabrina, abbiamo iscritto le nostre figlie a pallacanestro in Ghirada».
E quindi ora siete voi ad accudirle e a sostenerle in campo? «Si, esattamente come facevano i nostri genitori. Una delle immagini più belle e recenti che ho è quella del signor Gilberto e della signora Lalla che tifano per la nipotina. Inarrestabili, orgogliosissimi. La stessa super passione che avevano ai tempi d'oro».
Chi è il più sfegatato? 
«La signora Lalla, ma lo è sempre stata. Forse perchè per lei il tifo è pura passione, mentre per il signor Gilberto era anche professione. Il nonno si vedeva alle partite, la nonna Lalla porta sempre Carlotta anche agli allenamenti».
La Ghirada è un po' la loro casa 
«Senza dubbio. Al punto che anche Barbara ora la frequenta per qualche ora al giorno. Comunque loro si sono sempre comportati come gli altri genitori. Il clima è sempre stato molto friendly e democratico».
Che atmosfera si respirava in casa Benetton? 
«Una grande normalità. Anche con Barbara, la primogenita. Una coppia solida. Il signor Gilberto stakanovista e la signora Lalla madre per vocazione. C'era un bel clima, una casa allegra e molto easy».
C'è un ricordo particolare che la lega a Sabrina? 
«Devo dire di si. E' quello di un'estate al mare: un week-end trascorso noi due nella loro casa di Duna Verde. Un momento di passaggio, da bambine ad adulte. Mille dubbi, grande reticenza delle nostre famiglie e noi che ci confidavamo e stavamo crescendo. Le prime cotte, il corpo che cambia e tu non sai perchè. Eravamo a pochi chilometri da casa, ma ci sembrava di essere all'Hilton in costa Smeralda. Poi le nostre vite hanno preso strade diverse ma l'affetto è sempre rimasto».
Era a conoscenza delle condizioni del signor Gilberto? 
«No, e come me nessuno in Ghirada. Martedì ero là quando è arrivata la notizia. Stavamo facendo le iscrizioni. È stato orribile, eravamo tutti straniti. Nessuno sapeva, nessuno immaginava. La Ghirada grazie a lui è diventata una casa per molte famiglie e rimarrà un'eredità spirituale stupenda».
E.F.

Ultimo aggiornamento: 16:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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