Sostenibilità: le cozze dop indossano le “calze bio”

La sperimentazione è stata effettuata dalla cooperativa Delta Padano di Scardovari

Mercoledì 5 Luglio 2023 di Anna Nani
La "calza" in materiale biodegradabile usata dalla cooperativa Delta Padano di Scardovari

PORTO TOLLE - La valorizzazione di un prodotto passa anche dalla sua sostenibilità. Ne sono convinti alla cooperativa Delta Padano di Scardovari che nei mesi scorsi ha partecipato a una sperimentazione con cui sono state messe in acqua più di 3000 calze in materiale biodegradabile. «Questo investimento e questa scommessa fatta dalla coop lancia delle ottime prospettive rispetto al futuro della molluschicoltura e nuovi orizzonti per la valorizzazione della Cozza Dop di Scardovari» commenta Paolo Mancin presidente sia dell’azienda che del Consorzio Tutela del pregiato mitile coltivato nel Delta.


IL PROGETTO
Splas, questo il nome del progetto, è l’acronimo di Sostituzione plastiche per un’acquacoltura sostenibile un modello per la molluschicoltura plastic free dall’allevamento alla distribuzione per le prove in allevamento di polimeri biodegradabili. Un’iniziativa finanziata con fondi Feamp che è stata promossa da un partenariato tra Cueim (Consorzio Universitario di economia industriale e manageriale) FedercoopPesca e Euroacque. Consci di come le acque siano il proprio posto di lavoro, e come tale vada tutelato, non è la prima volta che i pescatori sperimentano tecniche più sostenibili: era il 2019 quando i colleghi della coop Adriatico avevano partecipato a Dory, iniziativa che rientrava nel piano Interreg Italia- Croazia con Veneto, Marche, Friuli Venezia Gulia ed Emilia Romagna. Quella volta il test aveva riguardato un migliaio di reste di cozze, con risultati nettamente inferiori rispetto agli attuali.
Il progetto della Delta Padano è partito a inizio marzo con l’immissione nella Sacca di Scardovari di 3.300 calze riempite di mitili in fase di accrescimento fino al raggiungimento della grandezza commerciale.

Per oltre 80 giorni i pescatori hanno monitorato la crescita degli animali verificando le condizioni di tenuta dei materiali bioplastici. «Il progetto, che in questi giorni sta arrivando alla conclusione, ha raccolto risultati molto incoraggianti – spiega il presidente - si è infatti rilevato che i materiali bioplastici possono sostituire le ordinarie plastiche utilizzate in allevamento e da un punto di vista tecnologico hanno pari caratteristiche, se vengono rispettati i vincoli e le indicazioni di utilizzo».


COINVOLGIMENTO
Dopo la reticenza iniziale il presidente è riuscito a coinvolgere i soci della Delta Padano che hanno portato a casa come risultato una pari resa in termini di produttività rispetto alle reste ordinarie. La preoccupazione principale degli operatori riguardava la flessibilità della calza: “Durante il monitoraggio c’era molta apprensione rispetto alla potenziale elasticità dei materiali, alla loro durabilità in termini di trazione e sollecitazioni del mare, nonché rispetto al potenziale effetto del sole sul nodo di supporto che collega la resta al pergolato – rileva Mancin -. A queste preoccupazioni legate alla fase di allevamento, vi erano inoltre perplessità sulla fase di sgranatura delle reste, per mancanza di informazioni sulla resistenza che la rete avrebbe posto agli organi dei macchinari in movimento”. Se la buona notizia è che non sono state riscontrate perdite in termini di prodotto, né malformazioni degli animali o difficoltà nello sviluppo e raccolta, rimane lo snodo dei costi. «L’unica perplessità nasce sul presumibile prezzo di vendita dei materiali bioplastici a confronto con i materiali convenzionali. Per il differenziale che oggi esiste, forse si potrebbe auspicare un intervento delle istituzioni, che colmi questo gap, supportando i pescatori in ottica di sostenibilità».

Ultimo aggiornamento: 07:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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