Autodromo di Adria, un'odissea senza fine: il tribunale rinvia la causa, si punta all'accordo. Ma le posizioni sono lontane

Mercoledì 17 Gennaio 2024 di Bruno Cera
Autodromo

ADRIA (ROVIGO) - Quella dell'autodromo di Adria è una vicenda che fa andare fuori giri.

La Monza del Veneto, realizzata con coraggio e passione e che generava un importante indotto, è ferma ai box da 2 anni; e la prospettiva di una riapertura non ha certo i tempi di Gran Premio, semmai di una 24 Ore che si protrae all'infinito. Al netto degli investimenti fatti, e che un domani dovranno essere replicati, e di un enorme serbatoio di storie umane e sportive, resta l'avvilente sensazione di un motore che gira a vuoto, dell'ennesima occasione perduta.

L'avv. Giuseppe Cavallaro, legale di F&M e Bioitalia ovvero le gestrici dell'impianto, riassume il caso e fa il punto della situazione.
«La F&M è stata la costruttrice dell'Adria International Raceway" - inizia il legale - e poi maggiore azionista del fondo Ermes Real Estate, gestito da Darma. Al fallimento della F&M, i curatori hanno condiviso con Darma l'idea di interrompere le attività, sfrattando Bioitalia che svolgeva attività di gestore della struttura sulla base di un preliminare di acquisto di tutti i beni del fondo e per il quale aveva versato una caparra di 1,5 milioni di euro e sulla base di un contratto di partnership onorato regolarmente. Bioitalia, che ha iniziato ad operare all'interno del complesso nel 2013, nel 2016 ha proposto di acquistare i beni del fondo. Si era raggiunto un accordo, trasfuso nel predetto preliminare a cui hanno partecipato anche F&M e gli altri interessati, e dove si interrompeva ogni contenzioso tra Darma e F&M. La Darma, proprietaria formale dei beni, doveva autorizzare i lavori, più banalmente "mettere le firme" sui documenti. Ciò non è avvenuto e Darma ha ritenuto - a nostro parere senza motivo - di recedere dal preliminare notarile. A questo punto Darma ha avviato la procedura fallimentare di F&M. Bioitalia, quindi, ha adito il tribunale di Milano, evidenziando l'illegittimità del recesso e chiedendo di dare esecuzione al preliminare».

Dopo 2 anni a che punto è la vertenza?
«Lontana dalla conclusione. Bioitalia sta cercando di trovare una soluzione transattiva con Darma. Come già detto, Bioitalia al momento della sottoscrizione del preliminare ha versato 1,5 milioni, poi ne ha investito circa 10 costruendo il kartodromo, allungando la pista e completando la struttura Arena. Attualmente c'è un evidente deterioramento dei beni. E l'indiscriminata vendita degli arredi e dei macchinari presenti all'interno dell'autodromo/kartodromo da parte dei curatori del fallimento di F&M (parte dei quali erano stati promessi a Bioitalia) obbligherebbe all'ulteriore esborso di almeno 5 milioni per il ripristino. Al momento Bioitalia ha subito danni nell'ordine di 5 milioni».

Qual è il nodo che blocca tutto?
«BioItalia ha formulato una sua offerta, stiamo aspettando riscontro. Va considerato anche che parte della struttura verte su terreno di terzi grazie ad un accordo raggiunto da Bioitalia, senza il quale, l'integrità della nuova pista è messa in discussione».

Pochi giorni fa si doveva tenere un'udienza a Milano ma è stata rinviata ad ottobre. Perché?
«Le riporto le testuali parole di un giudice: "La complessità della vicenda (non solo giuridica, ma anche economica) induce il Tribunale ad auspicare che si possa addivenire a un nuovo approdo transattivo le parti in causa"».

In pratica una finestra per tentare di giungere ad un accordo. Ma quando, ragionevolmente, potrà essere chiusa questa causa?
«Se non si troverà una soluzione transattiva a breve, dovremo aspettare i tempi della Giustizia. Faccio presente che, se e quando si arrivasse a una riapertura, le relative operazioni necessiteranno di un altro anno, al quale si dovrà aggiungere un congruo periodo per tornare a regime».

In questa vicenda può giocare un ruolo il Comune di Adria, nel senso di favorirne in qualche modo la composizione, data la rilevanza della struttura e del movimento che essa generava nei campi sportivo, turistico ed economico?
«Purtroppo il Comune è attualmente solo spettatore - conclude l'avv. Cavallaro - e può solo tifare affinché la vicenda si concluda nel più breve tempo possibile».

Intanto Mario Altoè, il "papà" dell'International Raceway, non si dà pace. Qual è il suo ricordo dello sgombero del 2022? Era all'autodromo?
«Certo che ero lì. Rimasi di stucco. In quel momento c'erano varie opzioni aperte, si potevano fare molte altre cose, fu una vigliaccata».

I suoi sentimenti adesso?
«L'impianto è fermo da 2 anni, non seguito, non gestito da nessuno; aspettiamo le decisioni della Darma e del Tribunale».

Darma a cui avete fatto delle proposte?
«Con il fondo era stato firmato un preciso preliminare d'acquisto ed avevamo versato una cospicua caparra. Poi loro hanno fatto marcia indietro. In questi 2 anni abbiamo avanzato ulteriori proposte, non ci hanno risposto».

Per sbloccare la situazione avete provato a coinvolgere altri imprenditori, altre società?
«I beni sono vincolati tra loro, percorrere questa strada al momento non è possibile - conclude il 55enne di Conegliano - E poi chi avrebbe voglia di intervenire in una vicenda così intricata? Noi ribadiamo la nostra disponibilità a trovare una soluzione per riaprire l'autodromo». 

Ultimo aggiornamento: 11:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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