Legge anti-moschee, il Patriarca
divide il Consiglio regionale

Lunedì 4 Aprile 2016 di Alberto Terasso
Legge anti-moschee, il Patriarca divide il Consiglio regionale
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Si ha un bel dire che è soltanto una questione urbanistica. La legge anti-moschee che domani approderà in Consiglio regionale ha risvolti politici di ben altra caratura. Certo, da una parte c’è chi prova a muoversi cercando una soluzione per il difficile rapporto con le frange più estreme delle comunità musulmane; dall’altra sta chi crede che ci si avvicini pericolosamente alle libertà costituzionalmente tutelate come quelle relative al culto. In mezzo le parole del Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che ha sostanzialmente condannato la normativa.
Chi saluta con soddisfazione le parole del Patriarca è Mohamed Amin Al Ahdab, presidente della Comunità islamiche di Venezia e provincia. E rilancia la necessità di costruire una moschea "a Venezia, nel centro storico, o sulla terraferma" per i 120mila musulmani presenti in regione: «Sale, salette, garage e capannoni non sono spazi di culto, sono luoghi adattati al culto». E aggiunge: «Ricordo che dal mondo islamico arrivano 3/4 voli giornalieri, mentre ci sono turisti che attraccano lo yacht a Sant’Elena e poi vanno a pregare in un capannone. E questo accade sotto gli occhi del mondo».
Ma il Patriarca "divide". Roberto Marcato, assessore della Lega, non ci mette "astio" ma scandisce: «Per fortuna siamo in un Paese dove il potere temporale e quello spirituale sono divisi: il Patriarca cura le anime, noi ci occupiamo di cittadini. Lui fa, e bene, il suo lavoro, noi pensiamo alla sicurezza e dobbiamo dare risposte alla gente del Veneto».
Stefano Valdegamberi, consigliere regionale della Lista Zaia, affronta la questione con l’accetta: «Il Patriarca fa il Patriarca e io faccio il politico - attacca - La libertà di culto non può essere una libertà dimezzata, non è possibile che da noi sia tutto permesso e in certi Paesi, che poi finanziano le moschee, non ci sia la possibilità di costruire chiese. Serve reciprocità». E per il vicepresidente della Lista Zaia, Gabriele Michielutto, «se l’ha bocciata, il Patriarca non ha letto la proposta, ne ha probabilmente solo sentito parlare».
«Cominciamo con il dire che la Regione non ha nessuna competenza in materia di libertà religiosa - dice il consigliere regionale del Pd, Pietro Ruzzante - Le parole del Patriarca mi hanno molto colpito: con la religione non si può avere l’approccio che si ha con una fabbrica».
Torna, come spartiacque la questione "urbanistica", caposaldo della proposta che ha un precedente in Lombardia, dove ha già dovuto subire una battuta d’arresto dalla Corte costituzionale.
«La proposta dà ai sindaci la possibilità di avere un minimo di programmazione e controllo - puntualizza il presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti - Non c’entra la libertà di culto: c’entrano piuttosto i capannoni, gli scantinati, gli appartamenti in cui non c’è nessuna possibilità di intervento. Tutte le varie fedi e sensibilità dovranno rapportarsi in maniera corretta con la normativa».
Meno convinto che la questione "libertà" non venga in qualche modo interessata è Jacopo Berti, del M5S: «La libertà di culto è nella Costituzione - sostiene - certo bisogna fra rispettare le regole uguali per tutti, non si possono fare leggi ad religionem». Berti annuncia comunque la contrarietà del suo gruppo. Ruzzante, da parte sua, esprime l’auspicio che in Consiglio "facciano marcia indietro: non possono ascoltare la Chiesa solo per le mozioni sui crocefissi". E comunque "ci penserà la Corte costituzionale".
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