SAN DANIELE - Prima il via libera alla richiesta di patteggiamento presentata dai legali di quattro imputati, come pure per un abbreviato. Poi gli avvocati che hanno scartato i riti alternativi e scelto la via del dibattimento per i loro assistiti hanno presentato al giudice monocratico Eugenio Pergola istanza di eccezione per competenza territoriale, sostenendo che il processo legato all’ipotesi di contraffazione dei prosciutti Dop di San Daniele e delle produzioni legate al marchio Aqua, non si deve svolgere a Pordenone.
L’udienza di ieri - 6 aprile - è proseguita con la richiesta delle parti di acquisizione di documenti e di ascolto di testi, ed è stata rinviata al 4 maggio per il conferimento dell’incarico di trascrizione delle intercettazioni telefoniche. Sono state anche già calendarizzate altre nove udienze, mentre incalza lo spettro della prescrizione che dovrebbe calare sul processo a partire da settembre.
I RITI ALTERNATIVI
Le difese hanno chiesto e ottenuto di poter accedere al patteggiamento per Giuliano Bortolotto, 57 anni di Prata; Gianni Contarini 44 anni di Udine, Adriano Martin 56 e Roberto Martin 46 di San Quirino. Sarà invece giudicato con rito abbreviato Francesco Salvador, 61 anni, di Valvasone Arzene. La posizione di questi cinque imputati si chiuderà il 14 giugno davanti al giudice monocratico Francesca Ballore.
L’INCHIESTA
Quella che si è dibattuta ieri e l’udienza che riguarda la seconda tranche dell’inchiesta della Procura di Pordenone sull’ipotesi di contraffazione dei prosciutti Dop di San Daniele e delle produzioni legati al marchio Aqua. E nella quale sono coinvolti a vario titolo 36 allevatori della regione. Il decreto di conclusione delle indagini risale all’agosto del 2018 e sono dovuti trascorrere quasi cinque anni (febbraio 2023) perchè le porte dell’aula del tribunale si aprissero alla prima udienza di questa seconda tranche. Di mezzo c’è stato il Covid che ha rallentato la vita intera del Paese, compresa quella della giustizia. Anche se la “legge” riconosce come stop effettivo dell’attività giudiziaria solo i 54 giorni in cui l’Italia intera è stata chiusa.
LE ACCUSE
Secondo l’accusa allevatori e società agricole avrebbero destinato ai prosciuttifici cosce di suini non conformi al disciplinare del Dop per peso e razza. Le macellazioni, tra il 2016 e il 2017, riguardano Duroc danesi o maiali il cui peso vivo era superiore al consentito, che è fissato in 176 chilogrammi. A tutti gli imputati è stato contestato il concorso in frode aggravata nell’esercizio del commercio e la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti agroalimentari.
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