Prestiti a tassi folli, tremano le imprese. L'allarme di Confindustria Fvg: «L'Europa rischia di generare recessione»

Le realtà locali crescono ancora, ma ora si temono problemi legati al credito

Giovedì 29 Giugno 2023 di Antonella Lanfrit
Prestiti a tassi folli, tremano le imprese. L'allarme di Confindustria Fvg: «L'Europa rischia di generare recessione»

I conti economici e la crescita delle imprese del Friuli Venezia Giulia «sono solidi» ma il costo del debito, cioè dei finanziamenti chiesti agli istituti di credito, è in costante crescita e «preoccupa». Perciò ieri il presidente di Confindustria Fvg, Pierluigi Zamò, nel commentare i risultati definitivi degli ultimi due anni si è rivolto direttamente alla Bce che ha annunciato un ennesimo rialzo dei tassi a luglio. «L’auspicio – ha detto Zamò – è che gli economisti della Bce comprendano che una manovra così accelerata di rialzo dei tassi rischia di far precipitare l’Europa in una fase recessiva il che non gioverebbe, innanzitutto, al perseguimento degli obiettivi insiti nel programma Next Generation Eu». 


I numeri

Nel 2021 il rapporto tra oneri finanziari e debiti era del 2,8%, cresciuto al 3,5% nel 2022 e, per effetto del rialzo dei tassi, in aumento anche nel 2023.

Quello di Zamò è un appello che giunge dopo le critiche mosse anche dal governo italiano alla preannunciata politica della Banca centrale europea e che parte da un territorio con le credenziali in regola per affrontare situazioni complesse, dopo aver dato prova di aver superato gli choc che si sono susseguito dalla pandemia. Il Rapporto regionale Pmi 2023 realizzato da Confindustria e Cerved in collaborazione con Unicredit documenta che «i fondamentali del Friuli Venezia Giulia sono migliori rispetto a quelli del Nordest – sottolinea Zamò -. Il numero delle Pmi è aumentato del 5% contro un dato medio del 4,5% a livello nordestino e la redditività del capitale proprio, cioè il Roe, è del 12,8% nel 2021, contro una media del 12,1 per cento». A livello nazionale, i segnali di rallentamento dell’economia sono più significativi nelle zone del Centro-Sud e lasciano ipotizzare un incremento del divario strutturale tra sistema produttivo settentrionale e meridionale. Sembrano migliori, invece, le prospettive del Friuli Venezia Giulia, perché «il tessuto imprenditoriale regionale ha dimostrato in questi anni di avere la capacità di reagire», ha proseguito il presidente di Confindustria Fvg, «anche grazie alla importante capacità di riposta dell’amministrazione regionale», cui si aggiungono «gli ingenti investimenti in digitalizzazione ed efficientamento energetico». Tutti elementi che secondo l’associazione degli industriali regionali «consentiranno di incrementare la competitività delle nostre imprese e, quindi di far fronte a quest’ulteriore scossa rappresentata da elevata inflazione ed elevati tassi di interesse». 

Il raffronto

In quattordici anni, dal 2007 al 2021, il sistema delle piccole e medie imprese in Friuli Venezia Giulia ha avuto un andamento altalenante, tanto che dalle 3.466 aziende del 2007 si è scesi alle 3.036 aziende del 2015. Ma da quell’anno gli aumenti sono stati costanti e in un solo anno – tra il 2020 e il 2021 – c’è stato un incremento del 5%, cosicché ora il numero complessivo, 3.482 imprese, è superiore a quello della prima grande crisi del secondo millennio. 
Stesso andamento per le «vere» società di capitali, che hanno subito un crollo dopo il 2007, passando da 1.111 al minimo di 946 nel 2016. Da allora, però, la curva è stata sempre in crescita e la variazione tra il 2021 e il 2022 è di un + 33,2%, una percentuale significativa anche se inferiore alla media italiana, che si attesta al 39,6 per cento. L’incremento più importante anno su anno si è avuto nel Mezzogiorno con un 49%, seguito dal Centro con una percentuale del 44.4 per cento. 
Dietro al Friuli Venezia Giulia c’è la media del Nord-Ovest, che si è fermato al 26,9 per cento. Un balzo significativo da un anno all’altro lo ha fatto il Roe ante imposte, perché nel 2020 in Friuli Venezia Giulia era del 8,7% e nel 2021 è spiccato al 12,8%, addirittura superiore al 12,2% cui era giunto nel 2007. Parrebbe in leggera flessione nel 2022, con una percentuale dell’11,1 per cento. 
Quanto al costo del debito, pur in crescita negli ultimi due anni, è ancora ben lontano dal 5,8% che segnava nel 2007 o addirittura dal 6,2% del 2008. Vero è che dal 2017 non raggiungeva le percentuali che si sono riscontrate lo scorso anno. Da qui «la preoccupazione» di Confindustria Fvg e l’appello alla Bce. 

Ultimo aggiornamento: 16:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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