Operaio morto schiacciato da una lastra di acciaio alla Cimolai: tre condannati, assolta l'azienda

Giovedì 21 Settembre 2023
Operaio morto schiacciato da una lastra di acciaio alla Cimolai: tre condannati, assolta l'azienda

ROVEREDO IN PIANO - Tre condanne per la morte Andrea Fellet, il 53enne di Roveredo in Piano rimasto schiacciato da una lastra d’acciaio del peso di 500 chilogrammi il 16 luglio 2018 alla Cimolai Spa. Il giudice Alberto Rossi ha inflitto 8 mesi (pena sospesa) per omicidio colposo a Salvatore De Luna, 81 anni, di Fontanafredda, in qualità di datore di lavoro; a Enzo Maria Baro (61) di Cimadolmo, in qualità di delegato alla sicurezza, e a Laura Gavagnin (42) di Pordenone, incaricata di valutare i rischi connessi alla specifica lavorazione.

Prescritte, proprio nella giornata di ieri, due contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro. Assolta la Cimolai Spa, chiamata in causa in relazione alla responsabilità amministrativa. E, di conseguenza, revocato il sequestro preventivo di 158mila euro che il pubblico ministero Andrea Del Missier aveva ottenuto dal gip. La somma, in questo caso, sarebbe stata equivalente a quella risparmiata dall’azienda in termini di manutenzione e sicurezza della fresatrice a cui lavorava la vittima. Non c’era parte civile, la famiglia è già stata risarcita.


L’ACCUSA
Fellet operava da solo sulla fresatrice verticale. Doveva realizzare delle forature sulla piastra metallica e dopo averla prelevata da terra con l’aiuto di un carroponte e di una pinza di fissaggio, l’ha fissata alla parete verticale della tavola portapezzo serrando le staffe di fissaggio con un avvitatore e sganciando la pinza alla sommità. Una volta ultimate le forature e completata la fase di sbloccaggio della piastra senza averla precedentemente stabilizzata al carroponte, è stato travolto e schiacciato. Secondo la Procura, il macchinario non avrebbe risposto ai requisiti di sicurezza. Non essendo dotato di un sistema di controllo passivo della stabilità della lasta in lavorazione, avrebbe presentato pericoli legati alla caduta o ribaltamento. In particolare si contestava l’operazione di sbloccaggio. Successivamente la stessa azienda, su indicazioni del consulente della difesa, ha adottato una modifica al macchinario per impedire che potessero ripetersi incidenti. 


LA DIFESA
Secondo la difesa, ci sarebbe stato un concorso di colpa da parte della vittima, in quanto il lavoratore aveva cominciato le operazioni di “staffaggio” prima di assicurare il pesante pezzo alla pinza del carroponte. «Stupisce - afferma l’avvocato Bruno Malattia, che tutelava i tre imputati - che di fronte all’evidenza dell’estrema cura e attenzione alla prevenzione degli infortuni sul lavoro adottata alla Cimolai, gli imputati non siano stati assolti. Mi riservo di esaminare la motivazione, ma ritengo che sussistano buone ragioni perché la decisione in appello venga riformata». L’azienda, assolta, era tutelata dall’avvocato Antonio Malattia. «Si tratta di un risultato particolarmente lusinghiero e importante per la società, soprattutto in questo momento - ha dichiarato -. Il tribunale ha dovuto prendere atto che, come emerso nel corso del processo, alla Cimolai la sicurezza e la tutela dei lavoratori hanno assoluta prevalenza sulle esigenze della produzione e del profitto, come confermato dai numerosi testimoni e come è stato costretto a riconoscere lo stesso consulente della pubblica accusa. È stato inoltre riconosciuto che il modello organizzativo era adeguato e veniva efficacemente attuato con controlli quotidiani sul rispetto delle norme antinfortunistiche e verifiche capillari che coinvolgevano tutti i settori dello stabilimento e tutti i livelli delle gerarchie interne».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci