Matteo da Casarsa, genio
informatico: è Digital Champion

Domenica 30 Novembre 2014 di Alberto Comisso
Matteo Troìa
CASARSA - La sua è una storia di semplicità, umiltà e tanta passione. Perché dietro alla nomina a Digital champion (campione digitale) ci sono questi ingredienti, di cui lui va fiero. Anzi, fierissimo. Perché essere tra i cento genietti dell'informatica in Italia nominati da Riccardo Luna, Digital Champion insignito da Matteo Renzi, non è cosa da poco.

Matteo Troìa, 21enne studente universitario che abita a Casarsa, lo sa bene. È conscio di non essere più un ragazzo qualunque, che vive un po’ alla giornata. Capelli ordinati, occhiali da intellettuale e abbigliamento casual, è diventato una sorta di «ambasciatore» della digitalizzazione.

Da dove comincia questa sua avventura?

«Dalla mia grande passione per l'informatica, che è anche l'indirizzo di studi che frequento all'Università di Udine. Un giorno mi sono chiesto: perché, anche in forma del tutto gratuita, non mi metto a disposizione della comunità e, partendo dalle basi, insegno quello che più mi piace fare dalla vita? Da lì è cominciato tutto. Ho iniziato a tenere un corso di informatica per anziani che, lo ammetto, mi ha soddisfatto molto».

E poi?

«Mi sono messo a scrivere un libro, in formato digitale (ebook) dal titolo «La trama del web» rivolto a un pubblico adulto e principiante. È possibile scaricarlo direttamente da internet ed è completamente gratuito. Qui, credo, ci sia stata una svolta. Un giorno, infatti, vengo contattato per posta elettronica da Riccardo Luna. Inizialmente pensavo fosse uno scherzo; poi, quando mi ha invitato al meeting di Roma del 20 novembre, ho capito che non stavo più sognando e che sarei stato nominato Digital champion».

Dicono che per acquistare il biglietto del treno abbia utilizzato il «finanziamento collettivo»...

«Tutto vero e l'idea me l'ha data un'amica che lavora in una delle più prestigiose università negli Stati Uniti. Il sistema si chiama crowdfunding: è una pratica di micro-finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. La filosofia è questa: se effettui una donazione in mio favore, automaticamente entri a far parte del mio progetto».

Come l'hanno presa le persone che la conoscono?

«Qualcuno mi ha persino chiesto: i tuoi genitori non hanno abbastanza soldi per pagarti un biglietto? Mi sono trovato a gestire due parti: una direttamente su internet, che mi ha generato un introito di cento euro e una meno virtuale, in un bar, grazie a un'iniziativa che, spinta dai miei amici più cari, è stata chiamata "Offri un caffè a Matteo". Ebbene facendo i conti alla fine mi sono ritrovato con 240 euro in tasca: 90 in più di quelli che mi servivano realmente».

E la parte eccedente?

«L'ho donata all'assessorato all'Innovazione tecnologica del mio Comune, affinché venga realizzato un qualcosa a favore di Casarsa».

Raggiunta Roma, che scenario vi ha trovato?

«Mi sono trovato un Tempio di Adriano colmo di persone. C'erano tra le autorità il premier Renzi, il ministro Madia, Luna, Alessandra Poggiani (direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale) e Paolo Coppola, docente dell’Università di Udine e ora deputato eletto in Friuli che è anche il presidente permanente per l'Agenda digitale. Sono stato chiamato sul palco, ricevendo la nomina di Digital champion: è stata un'emozione bellissima. Mi sentivo piccolo piccolo a cospetto dei grandi della digitalizzazione. Dopodiché anch'io ho firmato la nascita dell'omonima associazione».

E adesso? Qual è il suo obiettivo?

«Prima di tutto laurearmi. Poi mi piacerebbe continuare a tenere quei corsi di informatica per anziani, perché è un'esperienza bellissima. Il prossimo passo, però, sarà la realizzazione del «Coder dojo»: una lezione rivolta ai bambini sulla programmazione. In poche parole insegnerò loro, in sole tre ore, a «costruire» un videogioco per computer».

Chissà come la prenderanno i loro genitori...

«Non credo la prendano male. Anzi, capiranno che questo procedimento aiuterà i figli a cominciare a risolvere piccoli problemi».

Secondo lei, a che livello di digitalizzazione siamo in Italia?

«Più che di digitalizzazione, parlerei di livello culturale. Nessuno si offenda, ma siamo ancora al Medioevo. Facciamo un esempio pratico e caliamoci a Casarsa: a cosa serve avere il wi-fi gratuito in piazza, se poi nessuno crea la «fame» di navigare in internet?».

Da "grande" cosa farà Matteo Troìa?

«Vorrei diventare un ingegnere informatico. È la figura giusta, secondo me, per immaginare e trovare soluzioni».

Ha mai pensato di trasferirsi all'estero? La «fuga dei cervelli», ormai, è un dato di fatto...

«Mi piacerebbe fare nuove esperienze, magari fuori dall'Italia. Mi sento però molto legato a questa terra e non me la sento di andarmene prima di aver provato a cambiare quello che c'è».
Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 16:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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