PORDENONE - Era diventata l’amante del capo, una relazione turbolenta che avrebbe pagato a caro prezzo, con lesioni permanenti causate da un pugno e dalla pratica del sesso estremo a cui lui l’avrebbe costretta. La denuncia di un’impiegata pordenonese è sfociata in un complesso processo per presunta violenza sessuale, stalking e lesioni.
Un processo che è arrivato alle battute finali e che ieri ha visto il pm Pier Umberto Vallerin chiedere una condanna pesante: 9 anni di reclusione. La parte civile, costituita con l’avvocato Giorgio Fabbro, ha chiesto un risarcimento di 108mila euro per le lesioni permantenti e di 5 mila euro a favore della madre della vittima, a sua volta molestata telefonicamente.
Per la difesa si tratta di accuse calunniose che provengono da una donna sofferente che, al termine della relazione sentimentale, avrebbe reagito denunciando l’ex amante e datore di lavoro di violenze avvenute sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro. «Violenze - osserva la difesa - che tutti i testimoni hanno smentito».
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Per la difesa si tratta di accuse calunniose che provengono da una donna sofferente che, al termine della relazione sentimentale, avrebbe reagito denunciando l’ex amante e datore di lavoro di violenze avvenute sia all’interno che all’esterno del luogo di lavoro. «Violenze - osserva la difesa - che tutti i testimoni hanno smentito».