Gli 800 anni del Bo: l'Aula Magna e le lezioni di Galileo

Martedì 5 Aprile 2022 di Silvia Moranduzzo
Gli 800 anni del Bo: l'Aula Magna e le lezioni di Galileo

PADOVA «Universa Universis Patavina Libertas». È scritto a lettere dorate sopra la poltrona centrale sul palco, quella del rettore. Ora rettrice. Un motto che è più di questo, è una strada da percorrere. Si trova nell’Aula magna dell’Università di Padova, al secondo piano di palazzo Bo. Incisa in oro, splendente dopo l’ultimo restauro che sta coinvolgendo gli arredi di Gio Ponti. D’oro come gli stemmi che raffigurano gli studenti e le famiglie che hanno frequentato l’Ateneo, sono più di 3 mila tra Cortile Antico e Aula magna. Qui si celebrano ricorrenze, si inaugura l’anno accademico, si tengono convegni e presentazioni.
IERI E OGGI
È la sala di rappresentanza, oggi. Ieri, tra il Cinquecento e l’Ottocento, era l’aula di Giurisprudenza e di Galileo Galilei, unico docente estraneo alle materie di diritto a poter tenere lezione in quest’aula. Le sue lezioni erano talmente affollate che serviva uno spazio considerevole. E, si dice, siano stati proprio i suoi studenti a far costruire la cattedra che si può trovare oggi nella Sala dei Quaranta, anticamera dell’Aula magna, una cattedra alta cosicché tutti potessero vedere l’ideatore del metodo scientifico. L’Aula magna è diventata sala di rappresentanza con il rettore Giuseppe De Menghin che tra il 1854 e il 1856 ha deciso di restaurarla. Ha commissionato a Giulio Carlini l’affresco che si trova sul soffitto, raffigurante la Sapienza circondata dalle Scienze. Ai lati ci sono quattro volti di quattro uomini che hanno fatto la storia dell’Università. Galileo, il giureconsulto e fondatore dell’Ateneo Emo, il cardinale Francesco Zabarella e Giovanni Battista Morgagni, considerato il fondatore della medicina moderna. Il podio e gli arredi sono un’eredità di Gio Ponti e i recenti restauri hanno fatto tornare alla luce l’oro, uno degli elementi che più hanno caratterizzato l’opera dell’architetto a Padova.
L’INTERNAZIONALITÁ
Chi oggi accede all’Aula magna deve passare prima per la Sala dei Quaranta dove sono ritratti da Gian Giacomo Dal Forno quaranta studiosi provenienti da ogni parte d’Europa e non solo. È in qualche modo il simbolo di una vocazione che fin da subito ha l’Università di Padova, quella all’internazionalizzazione. Nella città del Santo gli studiosi si sentivano liberi di studiare, indipendentemente dalla loro religione o provenienza. I ritratti a tempera sono stati eseguiti nel 1942 su disposizione dell’allora rettore Carlo Anti. Qui è conservata non solo la cattedra di Galileo ma anche un armadietto con una vertebra dello studioso. Nel 1737 la tomba di Galileo nella basilica di Santa Croce a Firenze venne aperta per posizionare le sue spoglie nella collocazione definitiva. Il rettore dello Studio fiorentino Giovanni Vincenzo Capponi, il docente di storia antica Anton Francesco Gori e il professore di anatomia Antonio Cocchi presero ciascuno un pezzetto di ciò che rimaneva di Galileo. La quinta vertebra lombare asportata da Cocchi arrivò nelle mani di un medico vicentino, Domenico Thiene, e nel 1823 venne donata al Bo. 
I MOMENTI IMPORTANTI
Per chi, invece, accede all’Aula magna dal Rettorato è d’obbligo passare per la Basilica, uno spazio ideato dall’architetto Ettore Fagiuoli tra Ottocento e Novecento e ripensato da Gio Ponti. Alle pareti vengono celebrati alcuni momenti importanti per la storia politica dell’Università e in due teche sono conservati degli strumenti, in ricordo di ciò che c’era prima: il laboratorio di fisica sperimentale di Giovanni Poleni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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