Cadoneghe. Uccise la moglie Aycha a coltellate, confermato l'ergastolo

Jennati ha colpito la moglie, distesa a letto nella camera coniugale dove si trovava anche la loro bambina, con varie coltellate al petto, uccidendola

Giovedì 13 Luglio 2023 di Serena De Salvador
Abdelfettah Jennati condannato all'ergastolo

CADONEGHE (PADOVA) - Anche la Corte d'Assise d'Appello ha confermato la sentenza dell'ergastolo nei confronti di Abdelfettah Jennati, 42 anni, magazziniere marocchino che la sera del 24 novembre del 2020, nella stanza da letto della sua abitazione di Cadoneghe in via Piave, ha ucciso a coltellate la moglie 31enne Aycha El Abioui, madre dei suoi tre figli.

La conferma è arrivata ieri e va a ricalcare la sentenza di primo grado: nell'ottobre 2022 la Corte d'Assise presso il Tribunale di Padova si era infatti già espressa con il massimo della pena nei confronti dell'uxoricida.

Le accuse

Jennati era accusato di omicidio volontario e il secondo gradi di giudizio ha confermato in toto la sentenza precedente. Non è dunque bastato alla difesa chiedere il riconoscimento della seminfermità mentale, come pure il tentativo di far riconoscere le attenuanti generiche per evitare l'ergastolo. Jennati era presente nell'aula bunker di Mestre ma non ha rilasciato dichiarazioni. Il 42enne marocchino, che è in carcere da quasi tre anni ha recentemente affrontato anche un processo con l'accusa di maltrattamenti, sempre nei confronti della moglie che ha ucciso. Per questo secondo filone d'indagine, nel marzo scorso davanti al giudice per le udienze preliminari l'avvocato di Jennati, Elisabetta Costa aveva chiesto di poter patteggiare la pena. La richiesta è inizialmente stata rigettata, mentre in seconda istanza è stata accolta e Jennatti è stato condannato a due anni e due mesi di reclusione.

Cosa era successo

Il brutale omicidio si è consumato tra le mura dell'abitazione dove Jennati viveva insieme alla moglie e ai tre figli, tutti minorenni. In casa ha colpito la moglie, distesa a letto nella camera coniugale dove si trovava anche la loro bambina, con varie coltellate al petto, uccidendola. Il movente sarebbe stato la gelosia. A quanto ricostruito, impediva alla giovane moglie marocchina di uscire con le amiche e anche di farsi la doccia da sola in casa. Il 5 ottobre 2020 la donna lo aveva denunciato: quello stesso giorno Jennati, in preda alla rabbia, l'ha raggiunta per strada e l'ha trascinata davanti alla moschea, ma era chiusa. Così le ha messo in mano il Corano e l'ha costretta a giurargli fedeltà eterna. Dall'autopsia è successivamente emerso come la giovane mamma sia morta per un fendente al cuore, ma le pugnalate del marito le hanno procurato anche lesioni ai polmoni, allo stomaco, all'esofago e al fegato. Nel corso del processo era anche emerso che l'uomo da tempo sembrava avesse maturato l'intenzione di sbarazzarsi di sua moglie. Il 21 novembre 2020 aveva trascorso parte della giornata a cercare dove trovare l'arsenico e a quale prezzo, ma non solo: voleva anche capire quanto gli sarebbe costato il divorzio in termini di mantenimento di figli e moglie. E poi sempre attraverso i motori di ricerca online voleva prenotare viaggi in traghetto per la Sicilia, la Sardegna, il Marocco e la Tunisia: forse era anche pronto alla fuga. Ma la premeditazione durante il dibattimento già in primo grado non è stata provata. Così come non venne riconosciuto, tramite perizia, infermo di mente. Dopo avere ucciso la moglie Jennati aveva chiamato lui stesso i carabinieri, confessando subito di avere assassinato la madre dei suoi figli e venendo arrestato con la pesantissima accusa di omicidio volontario. Oltre all'ergastolo si era già visto decadere la responsabilità genitoriale e gli era stato confiscato il denaro, già sequestrato durante le indagini degli uomini dell'Arma. Era poi è stato condannato a un maxi risarcimento dei danni. 

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