Padova. Novella Papafava: «Vivo d’arte e da piccola cantavo l’Opera in casa»

Venerdì 2 Febbraio 2024 di Ines Thomas
Novella Papafava

PADOVA - Artista eclettica, scrittrice, musicista, cantante, attrice teatrale, fotografa, poetessa, viaggiatrice: Maria Novella Papafava non smette di stupire i suoi ammiratori, presentandosi sempre con abiti diversi ma perfettamente credibili e naturali, in sintonia con il suo esuberante, vitale, vivace carattere.

Bella, colta e simpatica, dirige oggi uno spazio espositivo a Venezia, la “Galleria Itinerarte”, dove presenta artisti di ogni nazionalità, ma continua anche il suo lavoro di ricerca artistica e di scrittura.


Maria Novella, parliamo dei suoi primi ricordi teatrali come debuttante sul palco di famiglia?
«Il palco di famiglia fin dalla mia infanzia era, in tutti i sensi, la villa di Frassanelle, tra le colonne del salone d’entrata, tutt’ora teatro d’incontri organizzati oggi da mia sorella Francesca. Era lì che ancora fanciulle ci esibivamo nelle più note opere di Verdi, Puccini, Bizet. La parte che preferivo sopra ogni altra era la Carmen, che cantavo con un abito di chiffon verde smeraldo».


C’è un ricordo impresso nel suo cuore legato alla sua infanzia in Veneto e in Toscana?
«Il nostro Papà Natale scendeva dal monte Piatto, il colle di fronte alla villa di Frassanelle. Sbucava con la sua lanterna dal bosco mentre noi bimbe, trepidanti alle finestre, lo vedevamo scender pian piano di lassù: una delle immagini più suggestive che serbo nella memoria. Dei giovanissimi anni mi piace ricordare quelli trascorsi in campagna nei pressi di Firenze: eravamo quattro ragazzine che crescevano sane e forti, in adorazione dei propri genitori, Francesco e Giovanna, molto impegnati con la casa editrice fotografica “Scala” fondata da papà, nella cultura dell’olio d’oliva, nelle molteplici attività della mamma. Non fu mai una priorità ricordare i nostri antenati e le nostre nobili origini: era già molto variegato il nostro mondo, le numerose parentele di zii, nonni, cugini, le belle amicizie e poi la scuola, le passioni di ognuna di noi e i viaggi in tutta Europa».


Come ha vissuto, quando era bambina, l’essere discendente di una così antica e nobile famiglia?
«Papà ci raccontò un giorno che al nonno Novello era stato offerto il titolo di principe invece che di conte quale era, ma lui lo rifiutò. Ero ancora ragazzina e per la prima volta sentii il peso delle gerarchie nobiliari e mi dispiacque aver perso l’occasione d’esser chiamata principessa. M’insegnano che i Carraresi sono assai più importanti di molte famiglie rese nobili dai vari papi e re, nei secoli successivi; davvero non so cosa rispondere. Se non diventò principe, il nonno fu il secondo presidente della Rai e ricordo la felicità quando ci portò la prima televisione a casa. Il padre di mia madre, Renzo Dolcetti, veneziano, era un grande velista e ci portava spesso nella sua splendida barca per mari vicini e lontani. Se ne andò con la sua vela in una tempesta al largo delle coste sarde che avevo nove anni; è stato il più grande lutto della mia vita. Di certo posso dire d’esser molto riconoscente per esser stata amata e rispettata, mentre nel nostro mondo sono migliaia le donne abusate e oppresse».


Come ha scoperto poi la vena artistica così forte in lei?
«Fin da ragazzina mi dilettavo nella recitazione e nel canto. Mia nonna Bianca mi regalò un’antica chitarra di famiglia, su cui strimpellavo le mie prime poesie. Adolescente a Firenze, partecipavo appassionatamente a laboratori teatrali e spettacoli con il teatro di ricerca di Aldo Rostagno, ne ricordo uno anche con il Living Theatre».


Della sua prima volta al teatro Verdi, come ballerina, cosa le è rimasto?
«Ricordo di aver dato tutta me stessa quando debuttai al Verdi e ancor di più d’essermi sentita leggera e grintosa per la parte che m’ero prefissa, quella d’una donna capace di superare se stessa e gli ostacoli della vita. Questo posso dire che riesce meglio sul palcoscenico che nella vita reale».


Si sente ambasciatrice di Padova nel mondo? Come vede Padova e come immagina il suo futuro?
«Mi piace definire Padova anello di congiunzione tra passato e futuro. Una città che ha saputo essere antesignana del Rinascimento, ospitando i più celebri pittori, scultori e poeti del tempo; in un’epoca come la nostra, di impressionanti travolgimenti, vorrei potesse rappresentare il cuore di una riflessione profonda: studio e impegno professionali uniti al senso del bello e degli equilibri necessari a una crescita sia culturale che tecnologica; per una rinascita globale, troppo spesso frenata da fattori politici contrastanti. La nostra città è stata capace e saprà ancora affrontare e superare i conflitti che coinvolgono il nostro mondo, proponendo un modello di vita solidale di stabilità e progresso».


Ha un sogno nel cassetto?
«Il mio sogno? Rappresentare un nuovo spettacolo di Musica Danza al Teatro Verdi».
 

Ultimo aggiornamento: 17:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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