Padova, la pasticceria dei fratelli Biasetto, una storia che arriva da lontano: il ritorno dal Belgio perché nonna Anna voleva essere sepolta in Veneto

Lunedì 4 Dicembre 2023 di Edoardo Pittalis
I fratelli Biasetto

Luigi Biasetto, campione del mondo di pasticceria, e il fratello Alessandro sono i titolari di una rinomata attività
a Padova. «Siamo figli di emigrati in Belgio. Abbiamo sempre rispettato la memoria e i sacrifici dei nostri genitori».

Sono tornati dal Belgio perché nonna Anna, quella che faceva i dolci, non voleva morire da emigrata, chiedeva di essere sepolta a Valdagno. La nonna non ce l'ha fatta, ma i nipoti Luigi e Alessandro Biasetto hanno mantenuto la promessa: «Ha lasciato in noi l'idea del ritorno a casa». Oggi lavorano a Padova e sono tra i pasticcieri più famosi d'Italia. Luigi, 56 anni, nato a Bruxelles, vanta una serie di titoli mondiali e anche premi internazionali per la migliore torta e per il miglior panettone.

Tanto personale il suo modo di fare dolci che ha brevettato il "metodo Biasetto" raccontato anche in un libro di successo. Una famiglia di emigranti. I bisnonni partirono divisi da Casale sul Sile, uno andò in Brasile dove il cognome si scrive "Biazetto" e ogni anno i discendenti festeggiano l'arrivo nello stato di Rio Grande do Norte.


L'altro, Luigi, andò in Belgio per lavorare nelle miniere. C'erano e lavoravano quando nel dopoguerra Italia e Belgio strinsero il "Patto del carbone": l'Italia aveva fame e miseria, il Belgio bisogno di braccia per scavare il carbone. Quel patto finì con Marcinelle l'8 agosto del 1956. Di italiani nelle miniere in dieci anni ne erano morti un migliaio. Non c'è regione d'Italia che non abbia avuto i suoi caduti in fondo al pozzo di una miniera. I fratelli Biasetto, divisi da 18 mesi di differenza, sono nati dieci anni dopo Marcinelle, ma papà Giorgio e mamma Eleonora hanno mantenuto la memoria: «Ci hanno insegnato una cosa, erano figli di emigrati che avevano vissuto due guerre, il nonno la prima, papà la seconda e i belgi non ci perdonavano che l'Italia fosse alleata di Hitler che aveva invaso il Belgio. La parola d'ordine in casa era di non farsi notare, però di non chinare mai la testa. Bisognava portare rispetto e pretenderlo».


Come era la vita dei fratelli Biasetto?
«Mia madre lavorava da uno zio che aveva aperto una pasticceria a Mestre, lo zio aveva scritto a papà: "Vieni che c'è una bella ragazza che fa per te". Si sono visti due volte: la prima per conoscersi, la seconda per sposarsi. Era il 1964. Viaggio di nozze in treno durato 23 ore, la prima notte a Desenzano del Garda. Quando da bambini per le vacanze dai nonni facevamo lo stesso viaggio, ci sembrava infinito. Nella nostra famiglia si parlava esclusivamente un misto di dialetti veneti».


Quanta strada bisognava percorrere dalla miniera alla pasticceria?
«Nonno Luigi non aveva lavorato in miniera, era bravo a cucinare così è entrato in un collegio gestito dai frati e ha fatto il cuoco. Poi ha fatto il calzolaio. Uno dei suoi cinque figli, lo zio Leone, disse che voleva fare il pasticciere e il nonno pose una sola condizione: "Lo devi fare bene". Leone lo fece tanto bene che nel 1956 vinse un concorso nazionale, con medaglia d'oro consegnatagli a Bruxelles dal re Baldovino».


Come era vivere da italiani in Belgio?
«Se nasci da genitori italiani mantieni la doppia cittadinanza. Quando abbiamo discusso in famiglia della tragedia dello stadio Heysel, nel 1985, ci siamo resi conto che la comunità italiana allora contava su due milioni di abitanti, il dieci per cento della popolazione. Ma sapevamo che saremo tornati: papà ci diceva da piccoli di non studiare fiammingo, tanto non ci sarebbe servito; ma lui era uno che parlava otto lingue. Nel 1989 sono davvero ritornato a Mestre, ho incominciato a lavorare all'Amelia da Dino Boscarato che è stato un grande maestro e mi affidò la pasticceria del ristorante. Io uscivo da uno dei più famosi laboratori di Bruxelles, un centro universitario che in cinque anni porta alla laurea in scienza dell'alimentazione. Il tirocinio si faceva nelle migliori pasticcerie, io andai da Wittamer che era il fornitore della casa reale».


Da quel momento è rimasto in Italia?
«Ero già conosciuto nel nostro mestiere, avevo offerte come consulente e ho fatto amicizia con Rossano Boscolo che si occupava di ristorazione negli hotel e voleva creare una scuola di pasticceria. Sandra, che poi è diventata mia moglie, era interprete alla Fiera di Rimini nel febbraio del 1991: mi è piaciuta subito, bella, spontanea, l'ho sposata dopo sei mesi. Ho girato l'Italia con le consulenze, mia moglie mi faceva da segretaria, erano dei veri e propri tour da Treviso a Ragusa. A un certo punto mia moglie disse che così si faceva fatica a fare famiglia».


E il titolo di campione del mondo dei pasticcieri?
«Nel 1997 la vittoria nella Coppa del mondo della Pasticceria a Lione, per la prima volta a vincere è l'Italia buttando giù la Francia. Una competizione che dura 13 ore, devi arrivare molto preparato, con una squadra di persone giuste. Era l'occasione per accendere finalmente sull'Italia i riflettori della pasticceria, da allora è entrato nel nostro settore un modo di pensare diverso. Oggi siamo riconosciuti nel mondo anche per il panettone e il tiramisu che fanno numeri da paura. Merito anche di pasticcieri come Dario Loison che è stato bravo a uscire per primo dai confini. Quel campionato l'abbiamo vinto con "Universo Donna", tre dolci, tre versioni: una torta a base di cioccolato diventa una Setteveli perché composta da una Bavarese alle nocciole pralinate, la nocciola è l'ingrediente in assoluto più amato al mondo. Il cioccolato era obbligatorio e l'idea di montarlo in una stracciatella con fogli e veli di cioccolato e un fondo di gianduia con un fiocco di mais ha dato una croccantezza diversa. L'idea era quella di cancellare in degustazione i dolci assaggiati prima e di non lasciare spazio a quelli dopo. Ho vinto in seguito anche come allenatore. È agonismo puro, bisogna essere anche spensierati per inventare e vincere. Adoro il mio mestiere, la mia passione più grande è soffiare lo zucchero, si soffia come il vetro. Ma il vero artista non può avere pensieri nè famiglia. Si arriva alla follia, crei sofferenza in chi ti ama».


La Pasticceria Biasetto è a Padova in via Facciolati: 60 dipendenti, 5 milioni di euro di fatturato. Laboratorio a Caselle di Selvazzano, si produce un pasticcino ogni 5 secondi. Il dolce più richiesto è la torta "Setteveli", poi i macarones e i panettoni. Come mai avete scelto Padova?
«Mi hanno detto perché non a Milano, ma la nonna voleva tornare in Veneto. Qui siamo tra Sant'Antonio e gli ospedali e siamo in una città universitaria. Volevamo sperimentare la pasticceria italiana di domani. Nel 2016 abbiamo anche aperto un bistrot per pranzo, centinaia di coperti. Non cerchiamo le stelle, ma vogliamo che i piatti seguano i nostri criteri di ricerca e di rispetto delle tradizioni coniugati alla pasticceria: in tutti i nostri piatti c'è un trait d'union con la pasticceria. Sviluppiamo la nostra linea con catene di ristoranti e pizzerie in Italia e in molte capitali europee. Il gruppo Costa Crociere ci ha affidato una serie di dessert, il gruppo DM Caffè e Illy hanno i nostri dessert nei loro locali».


Il dolce italiano per eccellenza?
«Per me è la Mille foglie, mio fratello preferisce il Tiramisu. La mille foglie all'italiana non ha uguale, si fa la diplomatica con crema pasticcera alleggerita con panna fresca. Tutti i dolci memorabili hanno la capacità di mettere insieme i cinque sensi, soprattutto hanno un equilibrio dei quattro sapori: dolce-salato-acido-amaro. Hanno la capacità di entrare nella nostra memoria. Provate a ricordate a occhi chiusi qualcosa mangiato il più lontano possibile, quasi sempre è dolce».


E lo zio premiato da Re Baldovino in persona?
«Lo zio Leone dopo il premio del re è scappato dal Belgio in Italia perché lo Stato voleva fargli pagare quella che noi chiamiamo Iva. Poi è scappato anche dall'Italia quando è stata istituita l'Iva. Era evidentemente allergico all'Iva, ma i dolci li faceva benissimo. Iva esclusa».

Ultimo aggiornamento: 15 Gennaio, 14:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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