Luca Bastianello, il sogno realizzato e il cuore che è rimasto a Padova: «Sul palco o sul piccolo schermo, ma sempre guidato dai valori autentici»

Giovedì 24 Agosto 2023 di Maria Pia Codato
Luca Bastianello

PADOVA - Un giovane che è riuscito a realizzare il suo sogno: lavorare nel mondo dello spettacolo. E ha conseguito il successo, diventando un attore versatile. Ha interpretato ruoli impegnativi in settori diversi: teatro, cinema, televisione. Lui è il padovano, Luca Bastianello, 43 anni, sposato con Kim e padre della piccola Sophia Grace. Pur vivendo a Roma è rimasto profondamente legato a Padova, città in cui è nato nel 1979 e dove ritorna spesso perché qui vivono i suoi genitori, qui ha compiuto gli studi, qui ha i vecchi amici. E qui la sua voce inconfondibile, nel video all’ingresso della cappella degli Scrovegni, illustra ai visitatori, su testi del professor Giuliano Pisani, il capolavoro di Giotto.

Luca, in questi giorni si trova a Padova. Che cosa la lega alla sua città natale?
«Sotto il cielo di Giotto vivono gli affetti familiari più cari e i ricordi più felici della mia infanzia.

Come i consigli e i racconti di vita di nonno Gino, gli allenamenti quotidiani a cavallo, le chiacchierate preserali al duomo con i compagni di classe del Tito Livio, le ore di studio dei tre anni d’Accademia al Teatro Verdi. Ogni volta che ritorno a casa, sento come una nuova leggerezza e i luoghi a me familiari sembrano riabbracciarmi. Nessuna malinconia o tristezza per averli abbandonati da più di vent’anni, solo festa per essere di nuovo nella mia amata Padova».

Ha iniziato la sua carriera di attore con Alberto Terrani. Quale ricordo conserva del maestro?
«Il suo sguardo acceso dietro gli occhiali colorati, uno sguardo attento, serio, severo, che poteva aprirsi in un sorriso sincero, liberando l’inconfondibile suono della sua profonda voce baritonale, scolpita nella memoria di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. E la sua mano sulla testa in segno di benedizione, dopo ogni nostra fatica. Ogni gesto disegnava gli inconfondibili tratti di un maestro unico. Scriverò un libro su di lui: raccoglierà più di venti ore di testimonianze e di registrazioni sulla sua vita».

Ha interpretato fiction, soap opere e film. Quale ruolo le è piaciuto di più e con quali colleghi?
«Ogni ruolo è stato una conquista. Sono legato a tutti i personaggi a cui ho dato vita, soprattutto a quelli che mi hanno costretto a ripensare alle mie credenze e certezze. Ho avuto la fortuna di recitare con Virna Lisi, Anna Maria Guarnieri, Ottavia Piccolo, De Francovich, Massimo Popolizio, ma il ruolo che mi ha regalato di più, in termini umani e professionali, è stato quello di Charlie Babbit, nel “Rain Man” teatrale diretto da Saverio Marconi. Essere in scena per due ore e mezza in compagnia di uno dei più grandi attori della scena italiana, Luca Lazzareschi, mi ha insegnato moltissimo. Raccontare una storia leggendaria come quella dei due fratelli Babbit e affrontare quell’intensità di emozioni ogni sera è stata una ricerca continua e una sfida meravigliosa. Ecco, bisogna portare in scena storie importanti come queste per sensibilizzare il pubblico, facendolo divertire, riflettere e anche sognare. Solo così possiamo offrire alla comunità un po’ della bellezza del nostro lavoro. E anche la più grande fatica diventa per noi attori immensa soddisfazione.

Qual è la cosa più curiosa che le è capitata?
«Mi trovavo nel Canavese per girare “Vivere” e il mio personaggio, Diego Blasi, doveva affrontare alcune scene violente. Sono andato a studiarle con un altro attore in aperta campagna. Dopo poco, un’automobile dei carabinieri con sirene e lampeggianti si dirige velocemente verso di noi. Un agente ci intima di smetterla e di stenderci a terra. Qualcuno li aveva chiamati, pensando che facessimo sul serio. Spiegai all’agente, copione alla mano, che eravamo solo due attori che stavano provando alcune scene. Inutile dire che mi hanno portato molta fortuna».

A che cosa si rivolge il suo impegno in questo momento?
«Sono stato sempre molto curioso, fin da bambino. La nascita di mia figlia Sophia Grace ha centuplicato la mia sete di conoscenza. Sento ancora il desiderio di capire un mondo che si trasforma ogni giorno, di imparare a vivere in un mondo diverso, che deve guardare ad una migliore accoglienza, pretendere maggior rispetto reciproco, insegnare cosa siano l’educazione, l’amicizia e il buon senso, valori in cui ho sempre creduto».

Di che cosa va orgoglioso?
«Di aver creato una famiglia. Di amare mia moglie Kim, di rispettare la sua femminilità, la diversità della sua cultura, di vedere nostra figlia crescere educata all’amore e al rispetto degli altri. Devo per questo ringraziare i miei genitori e i nonni materni che mi hanno insegnato cosa sia veramente importante: amare, fare ogni cosa con passione, portare rispetto a ciò che si ha. Forse mia figlia dovrà saper affrontare in futuro sfide di cui io non ho mai avuto piena consapevolezza, ma sono sicuro che un giorno potrà meravigliarsi anche lei davanti al miracolo dell’amore».

Ultimo aggiornamento: 19:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci