Caldieri group, l'azienda dei viaggi in bus con un fatturato da 9 milioni di euro: il titolare e la sua storia

Lunedì 13 Febbraio 2023 di Edoardo Pittalis
Melchiorre Caldieri

Col pullman, in giro per il mondo, di pellegrini e di turisti ne ha trasportati un paio di milioni in più di mezzo secolo. Partendo da Thiene, fermandosi a Monselice. Melchiorre Caldieri, 77 anni, non ha fatto altro nella vita che guidare il pullman. Voleva farlo da bambino, quando giocava col coperchio delle pentole sognando di avere un volante tra le mani. «A scuola ho ripetuto due volte la quarta: avevo smontato il motore della "Topolino" della maestra perché non voleva promuovermi. La mia passione da piccolo è sempre stata quella di guidare, di fare l'autista». Racconta con un suo intercalare: «Io ti dico la verità». A forza di viaggiare, oggi parla cinque lingue e con la moglie Patrizia e le figlie Laura e Elisa dirige l'agenzia di viaggi "Caldieri Group" con sede a Monselice e un ufficio marketing a Ravenna. Dieci dipendenti, un fatturato che prima della pandemia superava i 9 milioni di euro. «Lo scorso anno è stato quello della ripresa, limitato però all'ambito nazionale». Un intermezzo anche da pilota di gare di corse in salita, campionato europeo compreso. «Volevo una soddisfazione, non solo lavoro: ho gareggiato per tre anni.

Io ti dico la verità: tornavo da Londra in pullman, dormivo in auto, ma la passione era troppo forte. Avevo una MG 2600. Quinto o sesto, mai un podio, ma è stato bello».


Quando è incominciata questa passione per la guida?
«Vivevo a Lugo Vicentino, dove papà Beniamino era operaio alla Cartiera Burgo che allora dava da mangiare a quattro paesi e aveva più di mille dipendenti. Mamma Iolanda badava a me e alle mie due sorelle. Ho incominciato andando a lavare macchine e pullman per una piccola ditta di autonoleggio, aspettavo la domenica che mamma mi desse 50 lire tutte mie. A 14 anni facevo di tutto, a 16 anni mi hanno versato i primi contributi. Ho avuto anche due processi per guida senza patente: dal primo sono uscito perdonato dal Tribunale dei minorenni di Venezia, dal secondo mi ha salvato un'amnistia. Ho preso tutte le patenti, ma ci volevano 21 anni per guidare camion con rimorchio».


E l'autista di pullman quando è nato?
«Il 17 luglio del 1967, proprio il giorno dei miei 21 anni, sono partito con una ditta inglese a fare il tour turistico d'Europa col pullman. Avevo imparato da un autista di nome Tranquillo anche a fare il meccanico, a risolvere problemi al cambio o al differenziale. Ed è stato fondamentale nella mia vita, perché coi mezzi di allora trovarsi all'estero senza pezzi di ricambio era un dramma; erano più le notti che si passavano ad aggiustare che quelle in cui dormivi. Allora ho anche incominciato a parlare l'inglese. Con questa compagnia sono andato avanti fino al 1973, dopo sono passato con una società sudamericana che faceva tour di due mesi con turisti ricchi, da Lisbona alla Lituania. Erano miliardari del Sud America, pullman Mercedes, turismo di alta classe, in ogni capitale grandi feste con consoli e ambasciatori. Ci hanno prima insegnato come deve comportarsi l'autista di pullman con quel tipo di clientela. Avevo sempre come compagno di lavoro Timoteo Caneva, che poi sarebbe diventato mio cognato. Parlando con lui intanto avevo imparato anche lo spagnolo, avevo già imparato per conto mio il francese e masticavo qualcosa di portoghese e di tedesco; dovevi arrangiarti in ogni posto».


E il primo pullman tutto suo?
«Nel 1982 con Timoteo decidiamo di metterci in proprio, a Este vendevano per 300 milioni un'azienda di noleggio di pullman, cinque mezzi non nuovissimi. Abbiamo trovato un terzo socio ed è incominciato il giro delle banche: un direttore ci ha dato fiducia, ma all'epoca gli interessi sfioravano il 20%. Siamo partiti il primo gennaio 1983 con tre pullman in piena efficienza. Accompagnavamo le parrocchie che portavano i bambini nelle vacanze di Natale a giocare nella neve, gite di un giorno, andata e ritorno. Era nata la ditta "Sae Bus", società autotrasporti Este, al primo viaggio a Ca' Nove si è fuso il motore davanti al Museo della Guerra: ci hanno soccorso da Asiago per prelevare tutti i bambini. L'anno dopo abbiamo allargato il lavoro acquisendo una ditta di Monselice, in tre anni avevamo ormai 15 pullman e anche un'agenzia di viaggio: lavoravamo in tutta Europa, conoscevamo le lingue, le strade, i ristoranti e gli alberghi».


Nel 1984 il matrimonio. Parla Patrizia: «Mi disse che anziché pagarmi i contributi come segreteria mi sposava, e sono sempre convinta che era serio. L'ho spinto ad aprire un piccolo ufficio e puntare sul turismo scolastico, così i pullman viaggiavano sempre. Abbiamo aperto il negozio a Este e un'agenzia di viaggio a Monselice, quando abbiamo esposto i primi cataloghi in vetrina qualcuno ha pensato che avessimo aperto un'edicola».


Eravate diventati un'azienda di viaggio?
«Correvamo come matti giorno e notte, andavamo a prendere e sostituire gli autisti che arrivavano a Ventimiglia o al Brennero. Quando nel 1988 il terzo socio si è messo in proprio, per crescere e reggere il mercato abbiamo fatto un debito di un miliardo di lire, il capannone per mettere i mezzi al riparo è stato preso in una notte. Fortunatamente è partita bene anche l'agenzia di viaggi, abbiamo cominciato dalla Terra Santa, poi piano piano ci siamo estesi a tutto il mondo tanto che abbiamo dovuto aprire una sede anche a Padova: così avevamo a Este il noleggio pullman, a Monselice l'agenzia di viaggio, a Padova i contratti. Siamo arrivati ad avere 18 pullman e 30 dipendenti con un parco clienti notevole che abbracciava dopolavoro delle poste, circoli ufficiali, associazioni, banche, scuole. Le cose sono cambiate quando sul mercato hanno fatto irruzione i voli low cost, è cambiato tutto anche per le scuole. In breve abbiamo chiuso col noleggio dei pullman e ci siamo dedicati al tour operator. Timoteo ha tenuto un pullman, toglierlo sarebbe stato come toglierli la vita».


Come è cambiata nel tempo la vostra attività di organizzatori di viaggi?
«Ora abbiamo tre settori di viaggio: individuale, sociale, pellegrinaggi. Quando siamo partiti con i pullman eravamo concentrati sul fatto che i mezzi dovevano viaggiare sempre. La gente si muoveva in gruppo, molta Italia su e giù, puntate in Francia, Grecia e Spagna, Vienna e Praga. Coll'aumentare dei voli siamo andati fuori Europa: in Israele, Turchia, anche nelle Americhe, in India. C'è stata una trasformazione anche per noi, prima le opportunità maggiori erano quando il prete o l'associazione organizzavano, una volta all'anno; oggi si può andare ovunque e in qualunque periodo. Una volta accompagnavi le persone quasi per mano. Internet è stato il cambiamento epocale, se penso che nel 1986 facevamo i programmi con la carta carbone, tutto era scritto a mano; anche per una conferma dell'albergo ci voleva una raccomandata».


Siete specializzati nei pellegrinaggi: anche questo mondo è cambiato?
«Quarant'anni fa per andare a Fatima e in Portogallo ci volevano 12 giorni in pullman. Il turismo religioso per noi è una parte importantissima, certo anche qui ci sono stati cambiamenti: una volta non c'erano dubbi, le mete erano Loreto, Padre Pio a San Giovanni Rotondo, Lourdes, Fatima. Oggi il nostro fulcro è la Terra Santa senza trascurare Santiago di Compostela o Nostra Signora di Guadalupe in Messico dove vanno moltissimi italiani. Sono pellegrinaggi non più limitati a un santuario. Il turismo verso Assisi e Loreto, per esempio, è diminuito. Dopo la morte di Padre Pio la meta di San Giovanni Rotondo è molto meno richiesta. Negli anni '80 Fatima e Lourdes in pullman erano viaggi continui, oggi a Lourdes i pellegrini arrivano in aereo, li scaricano e li riportano via subito. Allora arrivare al cartello stradale di Lourdes era una meta desiderata nella vita di molte persone».

Ultimo aggiornamento: 17:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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