Troppi piccoli comuni, spinta verso le fusioni: così cambierà la geografia

Lunedì 10 Luglio 2023 di Marina Lucchin
Troppi piccoli comuni, spinta verso le fusioni: così cambierà la geografia

PADOVA - In uno scenario decennale, i Comuni sotto i 10 mila abitanti avranno serie difficoltà a erogare servizi efficienti sul proprio territorio. Così la Regione preme sull’acceleratore: si deve andare verso la fusione spinta dei Comuni. In provincia di Padova ne contiamo solo due: l’unione tra Carrara San Giorgio e Carrara Santo Stefano, che oggi formano “Due Carrare”, venne sancita dalla legge regionale 14 del marzo 1995, mentre Borgo Veneto nasce il 17 febbraio 2018. Ma basta guardare l’elenco dei comuni padovani in base agli abitanti per capire la situazione: solo 24 su 102 superano i 10mila abitanti e ben 21 sono al di sotto dei 3mila. E su questi principalmente si concentra il progetto di legge regionale, come spiega il presidente della Prima commissione permanente dell’Assemblea legislativa veneta, il padovano Luciano Sandonà (Intergruppo Lega-Liga Veneta), che annuncia anche come il progetto di legge sul riordino territoriale verrà portato in discussione in Consiglio regionale questa settimana. 
 

GLI OBIETTIVI
«Ci sono vari progetti di fusione in cantiere in diverse province del Veneto - evidenzia Sandonà - Nel Padovano, ad esempio, già avanti siamo con quella tra Vighizzolo e Carceri. Si tratta di processi che consentono, se portati a termine attraverso un iter condiviso dagli amministratori e partecipato dalle comunità, di fornire maggiori e più efficaci prestazioni a favore dei cittadini, soprattutto nei Comuni più piccoli, dove alle volte mancano risorse oppure manca il personale per erogare i servizi fondamentali. In questo senso, il territorio di Rovigo fu tra i precursori, in Veneto, grazie alla nascita tra il 1994 e il 1995 del comune di Porto Viro, frutto della fusione di Donada e Contarina, così come accadde, sempre nel 1995, in provincia di Padova, che vide la nascita del nuovo comune di Due Carrare». 
«Nella scorsa legislatura - prosegue il presidente - furono dieci i processi di fusione portati a termine dalla Commissione, tra cui Borgo Veneto. Ora il tema è tornato sul tavolo con rinnovata forza: avremo la possibilità di analizzare il Piano di riordino territoriale del Veneto ed è pronto e già stato presentato nelle varie province il disegno di legge che abbasserà il quorum necessario a considerare valido il referendum: si passa dal 50% al 30%, ridotto al 25% nel caso in cui gli iscritti all’Aire siano superiori al 20% degli aventi diritto al voto». 
«Giunge quindi un nuovo stimolo e uno sguardo favorevole alle fusioni e al processo di razionalizzazione dei 563 comuni presenti nel Veneto. La condizione è che le aggregazioni siano progressive e partecipate: la Regione del Veneto in questo senso è pronta a fare la propria parte».
 

COME SI PROCEDE
Una cosa è chiara e Sandonà la evidenzia con forza: non c’è una regola che stabilisca come tagliare, né qualcuno può imporre le fusioni dall’alto. «Servirà sempre il via libera dei cittadini, attraverso consigli comunali e referendum. Qui non è come in Francia dove sono obbligati sotto una certa soglia a fondersi». Ma è facile pensare che, a dover confluire verso aggregazioni più grandi, siano soprattutto i Comuni piccoli e piccolissimi, che, nella nostra provincia si concentrano principalmente nella Bassa. Qualcuno è sui Colli, mentre nell’Alta c’è solo Campodoro. Gli incentivi? Ovviamente economici: «Si stanziano dei soldi in base al numero di abitanti. E i finanziamenti nel corso dei 10 anni successivi. Inoltre ci sono incentivi a livello regionale dai 3 ai 4 milioni. Che per comuni sotto i 10mila abitanti sono un bel gruzzolo. Senza contare che aumenterebbero anche i dipendenti comunali il che consentirebbe di garantire servizi migliori al cittadino». 
 

Ultimo aggiornamento: 08:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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