Josef: «Racconto due secoli di storia attraverso 85mila scatole di fiammiferi»

Mercoledì 4 Gennaio 2023 di Mauro Giacon
Josef: «Racconto due secoli di storia attraverso 85mila scatole di fiammiferi»

PADOVA - Lui è la prova vivente che per conoscere il mondo potrebbe bastare ... una scatola di fiammiferi. Chi è stato a casa sua ha avuto l’occasione per immergersi in un universo straordinario, quello che racconta chi siamo in 85mila pezzi. Josef Agaiep ha cumulato diverse professionalità (esercitatore in Storia del Giornalismo all’Università, bibliotecario, ed altro), unite alla curiosità innata, all’amore per l’estetica e alla passione per i messaggi.
 

Perché raccogliere scatole di fiammiferi?
«Il Museo del Fuoco raccoglie la maggior collezione di scatole di fiammiferi e affini d’Italia, con circa 85 mila pezzi di tutto il mondo, dalla metà dell’Ottocento fino ai giorni nostri. Si tratta di un immenso patrimonio iconografico, che permette di “mettere a fuoco” in modo originale e non sempre ufficiale la storia, la cultura, l’arte, la grafica, gli usi e costumi degli ultimi due secoli. Per approfondire ulteriormente il tema dei fiammiferi, ho raccolto anche portafiammiferi (da tasca, da tavolo o da muro), e inoltre le pseudo-scatole di fiammiferi, quelle che dietro l’apparenza contengono invece pupazzi, puzzle, modellini, giochini per bambini, sorprese carnevalesche, ed altri oggetti: nel mio museo ideale ci sarebbe una stanza interamente dedicata proprio ai bambini».
 

Com’è nata questa passione?
«Da fumatore e da viaggiatore, avevo raccolto qualche scatola di fiammiferi curiosa, come ad esempio dei minerva olandesi con romantici cuoricini (1970), una scatoletta greca pro-dittatura militare (1971) ed una serie danese del 1972, dedicata alle valute straniere, all’interno della quale figurava una bandiera italiana del tutto anacronistica, visto che riportava ancora la Croce di Savoia, ben 26 anni dopo la proclamazione della nostra Repubblica. Nel ’77 mi colpirono due scatolette polacche, improntate ai manifesti dell’arte socialista».
 

E poi?
«All’inizio cominciai ad appendere sulle pareti di casa alcune scatolette straniere, prese singolarmente come mini-quadretti. Poi avvenne un’altra svolta, grazie ad una serie italiana di cerini sul risparmio energetico, che mi spinse a raccogliere tutti gli esemplari, italiani compresi, in modo organico e ragionato, con tanto di catalogazione. Col passare degli anni divennero molte, di tutti i Paesi, di tutte le epoche e tematiche, da raggruppare in quadri e quadretti omogenei per formato, nazionalità e periodo, e da descrivere minuziosamente mediante una scheda posta sul retro».
 

Com’è riuscito a collezionare una simile quantità di oggetti, diciamo una tale “universalità di beni”?
«Tabaccherie italiane e straniere, ditte produttrici, mercatini e antiquari, qualche scambio, e donazioni di parenti ed amici, quelli che scherzosamente definisco “i donatori di fuoco”, generosamente sparpagliati nel mondo alla ricerca di esemplari con cui contribuire al Museo del Fuoco. Recentemente si sono aggiunte altre persone che, incuriosite o affascinate dal sito web, mi hanno ceduto in toto le loro piccole o grandi collezioni».
 

Possibile che il mondo si possa raccontare attraverso le scatole di fiammiferi?
«I temi più ricorrenti sono paesaggi, monumenti ed opere d’arte, flora e fauna, zodiaco ed oroscopi, costumi tipici, consigli utili, personalità musicali, cinematografiche e politiche, manifestazioni culturali e sportive, pubblicità di ogni tipo e curiosità di ogni genere: insomma una sorta di enciclopedia sui generis».
Viene da dire: pensate a qualsiasi cosa e almeno una scatola di fiammiferi sul tema ce l’avrà...
«Infatti non a caso ho aperto una sorta di rubrica sul mio profilo Facebook intitolata “I fiammiferi del giorno”: datemi un anniversario, oppure uno spunto di cronaca, ed ecco in giornata una o più illustrazioni a corredo dell’argomento».
 

Tra tutti gli esemplari, quale pensa sia il più curioso?
«Ce ne sono moltissimi. Citerei una busta di minerva che, una volta aperta del tutto, si trasforma in un pianoforte tridimensionale, e tra le etichette, una in particolare con la doppia immagine: guardandola per un verso c’è un vecchiardo con lo zucchetto in testa, definito “il sapiente”, però facendola ruotare di 180 gradi compare invece … “l’asino”. È un’etichetta ottocentesca che ho trovato ideale come logos del Dizionario-bestiario di errori comunicativi».
 

Ma tornando ai fiammiferi, Lei da tempo vorrebbe che la collezione trovasse ospitalità in uno spazio pubblico. Ha ricevuto risposte?
«Finora mi sono rivolto solamente al Comune con esiti assolutamente deludenti: non saprei dire se per pigrizia, superficialità, chiusura mentale fatto sta che non ho ricevuto risposta né considerazione alcuna.

Sicuramente col sigillo di museo pubblico la dotazione crescerebbe esponenzialmente: già immagino nuove e cospicue acquisizioni da parte delle aziende produttrici e delle ditte reclamizzate, lusingate dal poter esporre le loro creature in un vero e prestigioso museo, nonché delle singole persone-visitatori in grado di contribuire con qualche souvenir dei loro viaggi. Insomma un riferimento dal punto di vista storico, antropologico e iconografico, ma anche un indubbio richiamo turistico».

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