Il '700 veneziano, tra amanti e galee. La nuova mostra alle Gallerie dell'Accademia

Martedì 20 Giugno 2023 di Alessandro Marzo Magno
La nuova mostra alle Gallerie dell'Accademia

Operazione utilissima quella di Marsilio di ristampare dopo cento anni le più che utili "Memorie inutili" di Carlo Gozzi, opera fondamentale per proiettare un raggio di luce sul Settecento veneziano. Il racconto di Gozzi sta accanto alle "Memorie" di Carlo Goldoni e alla "Storia della mia vita" di Giacomo Casanova come fonte per approfondire un secolo, il XVIII, che pensiamo di conoscere e che invece ci offre continue sorprese. Al contrario degli scritti di Goldoni e Casanova, quello di Gozzi è stato pressoché assente dagli scaffali delle librerie per un secolo, se si esclude un'edizione critica del 2006.

Prima di questo volume, dal prezzo decisamente non popolare e rivolto a un pubblico di studiosi, bisogna andare al 1923 e a un'edizione dell'Unione tipografica editrice torinese (in seguito Utet). Un secolo, tondo, quindi prima di arrivare al notevole lavoro appena uscito. Tra le altre cose, l'opera ci permette di scoprire che il maggior studioso contemporaneo di Gozzi è un critico letterario svizzero, Fabio Soldini, ora pensionato, a lungo insegnante di italiano al liceo cantonale di Lugano.


L'IMBARCO
Il libro di Gozzi ci fornisce importanti spaccati di vita settecentesca. Per esempio offre una rara testimonianze della vita a bordo di una galea. Nel 1740 il futuro commediografo deve aggregarsi alla cavalleria veneziana di stanza nella caserma di Zara. Per raggiungere la città dalmata si fa dare un passaggio a bordo della bastarda del nuovo Provveditore generale di Dalmazia, Girolamo Querini, che sta andando a rilevare il suo predecessore. Si imbarca a Malamocco e rimane a bordo due giorni e due notti prima che giunga il Provveditore e l'unità salpi gli ormeggi. Lì ha modo di «commiserare l'umanità sopra forse trecento scellerati carichi di catene, condannati a vivere nel mezzo a una dovizia di miserie e di tormenti, tutti per sé bastanti a far morire. Un'epidemia pietosa di febbri maligne, introdotta sulla galera, ne involava ogni giorno parecchi all'acqua, al biscotto, alla dieta, a' ferri degli aguzzini; e, accompagnati dalla voce tuonante di un francescano arsiccio e nero e sempre gioviale, volavano credo, al paradiso». D'altra parte gli capita anche di calpestare inavvertitamente il cadavere di un forzato che era stato messo nel vano di prora in attesa di sbarcarlo e seppellirlo nella prima tappa in Istria. Il quadretto che Gozzi ci fornisce è assai significativo. Intanto sottolinea il cambio di atteggiamento di Querini, che il giovane Carlo conosce benissimo: è stato più volte a casa sua e lo aveva sempre accolto amichevolmente «con quella affabilità e quella dolcezza confidenziale ch'è propria in quasi tutti i veneti patrizi».


DROGHE D'AMORE
Invece quando si imbarca con la veste, il cappello e le scarpe cremisi che contraddistinguono la sua carica, mantiene un atteggiamento sussiegoso e distaccato «con una fierezza nel volto notabile». Tutti gli ufficiali gli devono tributare «mute riverenze profonde, assai diverse da quelle che si fanno in Venezia a un patrizio togato» e fa mettere immediatamente ai ferri un ufficiale dei fanti imbarcati che non lo ha onorato nel modo dovuto. La maggior parte delle "Memorie inutili" è tuttavia incentrata su un episodio che nasce a teatro e finisce a palazzo Ducale, compromettendo l'elezione a doge di Andrea Tron, il patrizio più potente dell'epoca (perciò soprannominato "Patron") e marito della più celebre regina dei salotti, Caterina Dolfin Tron. Ne è protagonista il "circospetto" (segretario) del Senato, Pier Antonio Gratarol, fondatore nel 1772 della prima loggia massonica veneziana, quella di San Marcuola. Ha una quarantina d'anni, sempre elegantissimo e azzimato, vive separato dalla moglie e ha numerose amanti, come d'uso al tempo. I problemi, però, nascono quando diventa sua amante Teodora Ricci, attrice, già amante sia di Carlo Gozzi, sia del suo capocomico, l'arlecchino Antonio Sacchi. Nei salotti si ride di Gozzi e questi, per vendicarsi, scrive una commedia, "Le droghe d'amore", che sbeffeggia Gratarol. Si innesca uno psicodramma per cercare di fermarne la rappresentazione, ma, grazie anche all'influenza di Dolfin Tron, la commedia va in scena nel gennaio 1777. Gratarol è presente, pensa di poter parare il colpo, viene rappresentato con tanta maestria da diventare lo zimbello di Venezia. Quando cammina lo indicano a dito per strada e ridono di lui. Pieno di vergogna e di rabbia, fugge in una notte di settembre lanciando strali contro Caterina, definita «matrona di bordello», Andrea Tron è chiamato «Cavalier Cannibale». Si rifugia a Stoccolma dove nel 1779 pubblica un libello, la "Narrazione apologetica", nel quale racconta la sua versione dei fatti e denuncia l'esistenza di una sorta di struttura interna allo stato che influenza le decisioni. Il libro va a ruba e viene contrabbandato nella Serenissima attraverso il lunghissimo confine con l'Austria. Tre anni dopo Gratarol pubblica una seconda edizione dove vengono precisati i nomi dei personaggi che in precedenza erano indicati genericamente.


LA DAMA
La Dama (Caterina Dolfin Tron) «moglie arbitra del potente marito, femmina capricciosa che sollevata l'altr'ieri da un sudiciume par che affetti umiltà ed esercita immensa superbia» è il velenoso ritratto della donna. Nel frattempo la "Narrazione" non è ancora uscita nel gennaio 1779 si contendono il corno dogale Andrea Tron, capo della fazione conservatrice, e Paolo Renier, che in precedenza stava dalla stessa parte della barricata di Tron, ma che ora fa da punto di sutura tra i conservatori che appoggiano il Consiglio dei dieci e gli Inquisitori di stato, e i patrizi poveri che si riconoscono nelle Quarantie. I patrizi avversari di Tron ricordano quanto sia chiacchierata la moglie per via della vicenda Gratarol, in una sorta di asino che dice cornuto al bue, visto che Renier ha sposato un'acrobata circense. Però la concomitanza delle accuse lanciate da Gratarol e del compattarsi dei patrizi poveri con l'ala clericale del Maggior consiglio (Tron era stato uno dei fautori della soppressione dei gesuiti, nel 1773) fanno convergere i voti dei 41 grandi elettori sul nome di Paolo Renier. Carlo Gozzi, nobile, seppur non patrizio (era conte), nonché amico di Caterina Dolfin Tron, parteggia per Andrea Tron, come emerge dalle "Memorie inutili": nel suo libro illustra tutto il dipanarsi degli avvenimenti che hanno profondamente influenzato gli ultimi decenni del Settecento. L'edizione che Marsilio ha pubblicato riporta, opportunamente emendata dei refusi, l'edizione originale del 1797 (il manoscritto è conservato alla Marciana), assieme a una serie di manoscritti di preparazione.

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