CADORE (BELLUNO) - Parliamo di vile denaro, una volta tanto.
Un ruolo pubblico come il mio, dovrebbe disporre di locali altrimenti detti “ambulatori”, pagati dallo Stato, perché statale è la mia funzione pubblica. Ma non è così. Ho due ambulatori in due paesi limitrofi e tra affitti pagati, spese di conduzione, acqua, luce, gas, telefono, Adsl, pulizie, riscaldamento, mi costano circa 1000 euro al mese. Pago di tasca mia con il mio stipendio che ammonta a circa 5000 euro per 1500 assistiti. Detratte le tasse con una Irpef del 43% e i fiumi di benzina consumati per muovermi tra Vinigo, Vodo, Borca, San Vito di Cadore, mi restano in tasca circa 2000 euro. Retribuzione onesta e dignitosa per poter andare anche in vacanza: dieci giorni all’anno ma pagando di tasca mia il medico che mi sostituisce, circa 1200 euro, perché il medico di base non ha diritto alle ferie e nemmeno alla malattia. Infatti vado in ambulatorio con 38° di febbre a fare certificati ai dipendenti pubblici che restano a casa con 37,5, ugualmente stipendiati. Ho 62 anni con 37 anni di servizio e contributi all’Enpam, anche questi di tasca mia. Il paradosso è che se decidessi di andare in pensione oggi, percepirei una pensione di 2000 euro al mese, standomene a casa. Esattamente quanto guadagno ora, lavorando tutti i giorni in ambulatorio.
Esattamente per questo motivo tanti miei colleghi scelgono di andare in pensione in netto anticipo. Un medico di base austriaco, qui vicino, per lo stesso lavoro, guadagna il triplo. Per questo molti miei colleghi vanno all’estero. Con la mia specializzazione, potrei lavorare in Pronto Soccorso, come gettonista, quasi 800 euro a turno, portando a casa quasi 10.000 euro al mese. Con lo stesso lavoro, il povero collega di Pronto Soccorso, strutturato Usl guadagna circa 2500 euro. Per questo scappa via a fare il gettonista. Io sono demente, mi piace il mio lavoro e credo con fermezza assoluta nel servizio sanitario pubblico e per questo resto al mio posto, anche se lo Stato e tutte le Istituzioni continuano a ignorarmi. Ma quando c’è la salute…
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