La nuova Costituzione è legge. Ora il referendum

Mercoledì 13 Aprile 2016 di Nino Bertoloni Meli
La nuova Costituzione è legge. Ora il referendum
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Un applauso accompagna i numeri sul grande tabellone dell'aula di Montecitorio: 367 sì, 7 no, 2 astenuti. La riforma costituzionale è legge, il bicameralismo perfetto non c'è più, il Senato dei senatori neanche, una sola Camera darà la fiducia ai governi, adesso appuntamento a ottobre per il sì definitivo al referendum. Ai banchi del governo si forma una fila per omaggiare Maria Elena Boschi, il ddl porta il suo nome, baci, abbracci, baciamano, congratulazioni.

Lei, la ministra, non nasconde la soddisfazione e lo dice pure: «Un grazie a tutti quelli che ci hanno creduto, erano 30 anni che si tentava di cambiare le regole», dice riferendosi alla prima commissione per le riforme varata dal Parlamento, quella del liberale Aldo Bozzi nell'ormai lontano 1985 (seguirono De Mita-Iotti nel 1992-94; la bicamerale di D'Alema nel '97-'98 più vari comitati e super comitati come quelli del governo Letta). Si fa sentire da Teheran Matteo Renzi, non meno soddisfatto della ministra: «Giorno storico. Ora l'Italia è il Paese più stabile d'Europa». Quindi il riferimento alla campagna prossima ventura per il referendum, con uno degli argomenti che verranno usati: «Meno politici e meno soldi alle Regioni, è una questione di serietà e di credibilità delle istituzioni».

L'APPUNTAMENTO
Come mai soltanto 7 i contrari? Le opposizioni hanno confermato di non partecipare alla votazione finale, e ieri è toccato alla sinistra sinistra manifestare fuori Montecitorio attraverso i comitati del no al referendum, dimostrando che i primi a politicizzare l'appuntamento sono proprio gli oppositori. Tra i 7 no, a parte quelli scontati e attesi tipo Roccella, da segnalare il voto contrario di Franco Monaco del Pd una volta vicino a Prodi («ero contrario, ma ora si è aggiunto il carico politico impresso dal premier») e quello del capogruppo di Scelta civica, Giovanni Monchiero. Durissimo il giudizio di Silvio Berlusconi: «Una «riforma sbagliata e pericolosa», dice il leader di FI, «ci batteremo al referendum per difendere la Repubblica Italiana dalla voglia di potere di un premier mai eletto». Il grosso dei voti a favore è venuto dal Pd, presente al 95,7 per cento.

Sì anche dalla minoranza dem, con Bersani in testa, che però in un apposito documento ha posto alcune condizioni in vista del referendum (non farne un plebiscito sulla persona di Renzi, cercare il dialogo anche con quanti si oppongono), accompagnando il tutto con la richiesta di modifiche all'Italicum (ma non si fa più esplicito riferimento al premio alla coalizione anziché al partito). «Dalla minoranza una scelta coerente, mica potevano contraddire l'operato di Napolitano», spiegava Luciano Pizzetti, sottosegretario alle riforme. Per ultimo, si è aggiunto Enrico Letta da Parigi, che con il suo «voterò sì al referendum» ha contribuito a a riportare chiarezza.

Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 08:33

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