Lega "nazionale", Zaia tiene duro: «Noi restiamo quelli di sempre»

Domenica 22 Dicembre 2019 di Alda Vanzan
Luca Zaia al congresso Lega
VENEZIA - «Non è cambiato niente, i nostri valori rimangono, i principi e le battaglie anche». È il primo pomeriggio di sabato quando i veneti tornano da Milano dal congresso straordinario della Lega. Dunque non c'è più Alberto da Giussano? Non c'è più la Lega Nord ma solo la Lega per Salvini Presidente? Adesso si guarda al Sud, quello contro cui una volta si invocavano l'Etna e il Vesuvio? «Non è assolutamente la morte della Lega, è cambiata solo una norma. I nostri obiettivi, a partire dall'autonomia, rimangono», dice Paolo Tonin, padovano, di ritorno dall'hotel Da Vinci assieme al consigliere regionale veneto Luciano Sandonà e al collega di partito Michele Rettore. Avevano detto che sarebbe stato un funerale, i veneti dicono invece di essere «gasatissimi». «La novità è che è caduto il divieto di iscriversi a un altro partito, ora avremo anche la tessera della Lega per Salvini premier», dice Sandonà. Ma non c'è un po' di nostalgia? «Il clima era assolutamente tranquillo - dice il capogruppo leghista in consiglio regionale del Veneto, Nicola Finco - Non perdiamo niente del passato. Prima c'era un contenitore Nord, adesso avremo un contenitore per tutta l'Italia. E questo ci darà la possibilità di attuare quelle riforme importanti anche per il Veneto». Roberto Marcato, che in Regione Veneto è assessore nella giunta di Luca Zaia e che tra i leghisti è conosciuto con il soprannome di Bulldog, un vero e proprio mastino specie nei talk show televisivi, rassicura: «Non si è chiuso il partito, si è solo modificato lo statuto, la Lega Nord continuerà ad esistere». Ma non c'è un po' di nostalgia? Quella, effettivamente, è dura da cacciare. «Ma i principi originari rimangono - dice Marcato - siamo sempre per uno stato federalista, più vicino ai territori, contro la burocrazia, dalla parte delle partite Iva». E il fatto che la votazione, infine, sia stata unanime - dice Marcato - dà il segno della compattezza de partito. Così come la standing ovation per Umberto Bossi.

LUCA ZAIA
A prendere a prestito le parole di Bossi è il governatore del Veneto Luca Zaia, intervenuto come relatore al congresso a Milano. «Non è stato assolutamente un funerale, perché noi restiamo quelli di prima - dice il presidente del Veneto - Bossi ci ha ricordato che se si vogliono fare le rivoluzioni ci sono due opzioni: o le fai in piazza, oppure scegli la via democratica, cioè un plotone di parlamentari che pesino». E cita, come esempio, l'autonomia richiesta dal Veneto, con la decisione del referendum avallato dalla Corte costituzionale, mentre «all'epoca c'erano liberi pensatori che predicavano di scendere in piazza». Ora il congresso consente il doppio tesseramento, la Lega da una parte, la Lega per Salvini premier dall'altra. Ma, dice Zaia, «restiamo fermi e solidi sulle nostre idee. Bossi ha detto che siamo il partito nazionale del Nord, i voti li abbiamo qui, l'urna taglia sempre la testa al toro. Noi siamo quelli di prima».

LA MOBILITAZIONE
I leghisti veneti di ritorno da Milano rivendicano origini e obiettivi. Un mantra: «Non è un funerale, la Lega di Salvini è un riferimento nazionale, i nostri principi restano». Dei 49 milioni confiscati in via definitiva alla Lega nessuno ha voglia di parlare. «I 49 milioni non c'entrano niente», ripete il padovano Rettore. Pronto, peraltro, ad autodenunciarsi se il segretario Matteo Salvini sarà processato per sequestro di persona riguardo al blocco della nave Gregoretti: «Ci autodenunceremo tutti».

 LA POLEMICA
Il congresso straordinario che sancisce la svolta nazionale della Lega fondata da Umberto Bossi, registra anche una polemica a distanza tra il governatore Luca Zaia e il ministro pentastellato Federico D'Incà. «Il Paese non può avere i grillini in mezzo alle palle, i grillini hanno portato odio sociale ma il Paese non cresce con questo odio», dice dal palco dell'hotel Da Vinci il presidente del Veneto. Che, riferendosi al referendum sull'autonomia, aggiunge: «I grillini teorizzano la democrazia digitale ma non rispettano la volontà popolare, quando ci sono milioni di persone che sono andare a votare come in Lombardia e Veneto. Decidono loro come perfetti dittatori cosa fare». La replica, con un post, del ministro D'Incà: «Vorrei ricordare a Zaia che l'unico seminatore di odio a livello nazionale si chiama Matteo Salvini, e lo fa anche attraverso i suoi canali social grazie ad uno strumento che la stampa ha ribattezzato la bestia e che serve a creare odio sociale all'interno della rete, puntando alla pancia dei cittadini e cercando di trasformare gli istinti umani più bassi in consenso politico. Mi viene da pensare che, come ha detto il governatore del Veneto - ma in modo abbastanza più colorito e adeguato alla strategia del suo partito - i grillini vengano percepiti come fastidiosi perché hanno tolto di mezzo una vecchia politica che aveva fatto soltanto danni con i governi Berlusconi/Lega».

Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 18:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci