Varane: «I colpi di testa fanno male, calciatori a rischio per le commozioni cerebrali, io mi sono rovinato»

Il centrale: «Se ti fa male la gamba zoppichi, ma dire che sei stanco, che hai mal di testa o agli occhi fa subito debole. Sembrano scuse»

Martedì 2 Aprile 2024 di Francesca Pierantozzi
Varane: «I colpi di testa fanno male, calciatori a rischio per le commozioni cerebrali, io mi sono rovinato»

Raphael Varane ricorda bene i quarti di finale ai Mondiali del 2014: 1 a 0 per la Germania e la Francia fuori. Né dimentica gli ottavi di Champions del 2020: 2 a 1 per il Manchester City, eliminato il Real Madrid. «Tra le peggiori partite che ho mai giocato - ha confessato all’Equipe l’ex centrale dei Bleu, campione del mondo 2018, quattro Champions vinte, oggi al Manchester United.

Ma la confessione non è aver giocato male, la confessione è che quelle due partite Varane le giocò portandosi dietro una commozione cerebrale.

L’intervista del difensore che fu tra i migliori al mondo, suona come un outing: «Sì, i colpi di testa mi sono costati delle commozioni cerebrali» e sì, i colpi di testa sono un problema nel calcio, come lo sono nel rugby o nel football americano; possono fare male, malissimo. Il problema è stato già tirato fuori nel mondo anglosassone: i colpi di testa in allenamento sono proibiti dall’anno scorso dalla federazione inglese per le categorie Under 12. Idem negli Usa. Nei paesi latini, certificare che i colpi di testa, i «duelli aerei», le «martellate» siano anche dei colpi «alla» testa, resta un tabù. Per questo Varane ha deciso di parlare: «Io mi sono messo in pericolo, vorrei che servisse agli altri calciatori».

Al figlio di 7 anni, Ruben, che gioca a calcio, papà Varane ha chiesto di non giocare di testa. «Non so se vivrò fino a cent'anni - dice oggi - ma so che ho fatto male al mio fisico. È necessario che i pericoli legati ai colpi di testa siano spiegati su tutti i campi di calcio». Per la prima volta, Varane ha deciso di raccontare in pubblico quello che era successo prima di Francia-Germania dei Mondiali in Brasile. «In dieci anni non ne ho mai voluto parlare perché sembravano delle scuse» dice oggi. Lui ha rivisto mille volte l’errore contro il tedesco Hummels che portò al gol della Germania. Cinque giorni prima, contro la Nigeria, Varane aveva preso una pallonata sulla tempia: «Finii la partita ma ero come su 'pilota automatico' - ha raccontato all’Equipe - Se qualcuno mi avesse parlato, non sono sicuro che sarei stato in grado di rispondere. Non ricordo niente della partita dopo quella pallonata». Seguono dolori agli occhi, mal di testa : «Ma non avrei mai mancato un quarto di finale di coppa del mondo per un po’ di stanchezza. Chi può dire che sarebbe potuto succedere se avessi preso un'altra pallonata durante il match con la Germania: quando sai che le commozioni cerebrali a ripetizione possono essere mortali, ti dici che poteva andare molto peggio». Stessa storia agli ottavi di Champions contro il Manchester City quando stava al Real: qualche giorno prima, in campionato contro Getafe, «Ho preso una pallonata in testa da calcio d’angolo. Sono dovuto uscire. Ho seguito il protocollo normale per il recupero, ma ero senza energia, durante il riscaldamento prima della partita col Manchester mi dicevo: svegliati. Mi volevo prendere a schiaffi. Le mie prime tre palle furono pulite, ma troppo lente. Non riuscivo a concentrarmi, mi sembrava di essere spettatore della partita».

La prima volta che Varane ha potuto parlare apertamente del rischio dei colpi di testa è stato durante quest'ultima stagione: «Sono venuti degli specialisti, ci hanno consigliato di non giocare più di testa durante gli allenamenti». Un paio d’anni fa Arsène Wenger, dal 2019 direttore dello sviluppo mondiale del calcio alla Fifa, osò tirare fuori il problema dichiarando che era «auspicabile evitare i colpi di testa nelle partite dei ragazzini e limitarli al massimo durante gli allenamenti degli adulti». Se le statistiche e le cronache indicano che il gioco di testa sta pian piano passando di moda, vietarlo per motivi di salute pare ancora brutto. «I calciatori di alto livello sono abituati al dolore, siamo come soldati, simboli di forza fisica - ha spiegato Varane, un metro e 91 per 81 chili - i sintomi della commozione sono abbastanza invisibili. Se ti fa male la gamba zoppichi, ma dire che sei stanco, che hai mal di testa o agli occhi fa subito debole. Sembrano scuse».


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