Il Leone vola in Grecia, ma il "capitano" di Garrone difende l'onore dell'Italia

Domenica 10 Settembre 2023 di Alda Vanzan
Venezia 80

Lanthimos vince il Festival nell’anno record con 6 titoli di “casa” presenti in Concorso, ma il film sul viaggio dal Senegal al Mediterraneo conquista ben due premi: per la regia e il miglior giovane attore (Seydou Sarr). Le Coppe Volpi a Peter Sarsgaard e alla “Priscilla” Cailee Spaeny. Riconoscimento anche per Hamaguchi.

 

MOSTRA EDL CINEMA DI VENEZIA


Sono tutte povere creature.

Quelle del greco Yorgos Lanthimos che conquista il Leone d’oro con la favola barocca di Poor Things, un film visionario, corpi di adulti con cervelli di feti, in cui unisce estrema innocenza e grande sessualità grazie a una straordinaria Emma Stone.


Ma sono povere creature anche le migliaia di persone che cercano in Europa quella che per noi era l'America, i migranti che da sud, attraverso il deserto e il mare, e da est, attraverso le foreste paludose tra Bielorussia e Polonia, cercano una vita migliore, non sempre riuscendoci. Ed è così che l'Italia, con ben sei film in concorso a Venezia80, porta sì a casa due statuette, ma entrambe per la stessa opera: Io Capitano di Matteo Garrone conquista il Leone d'argento per la migliore regia, mentre al suo protagonista, il senegalese Seydou Sarr, tutto vestito di rosa, che si asciuga gli occhi con la mano («Grazie a tutti, davvero, non ci sono parole»), va il Premio Marcello Mastroianni come giovane attore emergente. E c'è migrazione anche nel lavoro della settantaquattrenne Agnieszka Holland, che con il suo Zielona Granica ha fatto arrabbiare il governo polacco, ma lei continua a ringraziare attivisti e volontari: «Tutti, dalla Polonia a Lampedusa».

L'ASSENZA

È un verdetto che non sorprende quello della giuria presieduta da Damien Chazelle. Poor Things di Lanthimos aveva conquistato il pubblico già alla prima proiezione, entrando subito nel toto-leoni. «Questo film racconta la storia di una creatura meravigliosa e non esisterebbe senza Emma Stone, che è un'altra creatura meravigliosa. Questo film è suo, senza di lei non esisterebbe», dice il regista sul palcoscenico della Sala Grande, tra le mani la statuetta dorata. Emma Stone non era arrivata al Lido per presentare il film e non c'è neanche adesso per festeggiare, volutamente assente per lo sciopero americano di attori e sceneggiatori. «Mi dispiace che non sia qui, ma comprendo le ragioni - dice Lanthimos -. Per realizzare questo film ci sono voluti un po' di anni e abbiamo atteso che l'industria cinematografica fosse pronta per accoglierlo. Il cast non può festeggiare ora, ma speriamo di poterlo fare il prima possibile tutti insieme. Il mio augurio è che presto si risolva lo sciopero di Hollywood, è nell'interesse di tutti». Con Emma Stone, Lanthimos aveva lavorato già ne La Favorita: «Quando le ho parlato di Poor Things è subito salita a bordo, è entrata nel progetto sin dalla prima stesura della sceneggiatura, ha partecipato a tutto, anche a come avrebbe ritratto il suo personaggio».

SOLIDARIETÀ

Tutti presenti, invece, per Matteo Garrone che sale sul palco non solo con i due giovani attori senegalesi, Seydou Sarr e Moustapha Fall, ma anche con Mamadou Kouassi, la cui storia - vera - è servita per scrivere la sceneggiatura. Ed è a lui che cede il microfono: «Io sono riuscito a giungere in Italia, ora vivo a Cosenza - racconta Mamadou - ma vorrei che il premio fosse dedicato a chi non è riuscito a partire o ad arrivare. Quando c'è la voglia o la necessità di partire, nessuno ti può fermare. Ai giovani devono dare un visto per poter viaggiare, è l'unico strumento per fermare il traffico di essere umani. Come ha detto il presidente Mattarella, serve un canale di ingresso regolare». «Abbiamo girato il film anche in Marocco - aggiunge Garrone -, il nostro pensiero alla tragedia che ha colpito quel paese». Un terremoto che ha provocato almeno 1.300 morti: la Sala Grande applaude, in tanti si alzano in piedi.
Intanto, Garrone raccoglie i complimenti del Governo. «La più grande industria creativa della nazione, capace di portare ovunque l'immaginario italiano, sta conoscendo un momento d'oro che abbiamo il dovere di sostenere», detta alle agenzie di stampa il ministro alla Cultura, Gennaro Sangiuliano. In Sala Grande è presente il sottosegretario Lucia Borgonzoni: «Una grande opera, il cinema italiano vola alto».

L'APPUNTAMENTO

Come per l'apertura, anche la cerimonia di chiusura è snella. La madrina Caterina Murino veste l'ultimo degli undici abiti preparati da altrettanti stilisti italiani, l'ultimo è un Armani azzurro. «Questi giorni veneziani resteranno indimenticabili», dice l'ex Bond Girl. Sul palco, per ciascuna selezione, salgono i giurati per la lettura del verdetto. Il direttore della Mostra Alberto Barbera come di consueto assiste tra il pubblico. Consegnati i Leoni, tocca al presidente della Biennale far calare il sipario. Roberto Cicutto lo fa ringraziando tutti, anche quelli che al Lido non sono potuti o non hanno voluto venire, il pubblico che ha affollato le sale, «17 per cento in più di presenze rispetto al 2022», i «tanti ragazzi che non hanno fatto mancare il loro entusiasmo e il loro calore a chi ha attraversato il tappeto rosso». Fino all'invito: «Vi aspettiamo, la Mostra vi aspetta, dal 28 agosto 2024 per l'ottantunesima edizione». Anno bisesto. Chissà chi guiderà la Biennale.

Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 11:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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