Un'arca per traghettare la Fenice verso il futuro

Lunedì 6 Luglio 2020
L'EVENTO
Una suggestiva arca che ha il compito di custodire e traghettare la cultura e le arti verso un nuovo mondo. È questo lo spettacolare impianto scenico del Teatro la Fenice che, da sempre emblema di rinascita, ieri sera ha riaccolto gli amanti della musica. In un teatro completamente rinnovato, giungono allora note di ripartenza in una città che torna a vivere dopo i difficili mesi di lockdown. Grande novità è l'installazione presente sul palcoscenico: un'ossatura di legno di abete che riproduce la chiglia di una nave in via di costruzione per ricordare l'immagine di un'arca custode di speranza. Appena entrati, gli ospiti subito si sono accorti di come il consueto rapporto tra palco e platea fosse stato capovolto. Gli spettatori con grande meraviglia e fascino si sono seduti proprio all'interno di quest'arca rialzata, la nuova platea, e hanno potuto godere della visione privilegiata che hanno solitamente orchestrali e attori. Sullo sfondo la visione dell'oro della sala, diventata il nuovo palcoscenico.
RINNOVAMENTO
L'idea di rinnovare gli spazi è giunta proprio a seguito delle limitazioni imposte dalle normative anti-contagio, era necessario sfruttare tutto lo spazio possibile per permettere anche ad orchestrali e coro di poter suonare e cantare distanziati senza mascherine. Platea, fossa orchestrale e palcoscenico, da sempre divise, sono ora collegate da un piano inclinato che copre la buca dell'orchestra, mentre sul palcoscenico, all'interno della prua della nave, sono stati ricavati una cinquantina di posti a sedere. Ora la capienza totale per serata può arrivare fino ad un massimo di 350 posti, in base al numero di congiunti per palco. Un terzo della capienza rispetto all'era pre-covid ma necessaria per un nuovo inizio: «Si ricomincia con grande emozione e fiducia dopo 4 mesi e mezzo in cui il teatro è stato abbandonato. La Fenice è rimodulata con grande respiro in modo che la gente abbia meno paura e si senta tranquilla» dice Fortunato Ortombina, sovrintendente del Teatro. «Niente sarà più come prima, tutti dobbiamo agire con responsabilità ma anche con curiosità e creatività verso il mondo che ci si apre». Poi racconta i momenti più duri: «È stato veramente difficile mandare tutti a casa la sera del 23 febbraio senza sapere cosa sarebbe successo e poi mantenere unita la squadra a distanza. - e spiega - La nave è fatta per dare una visione positiva, dobbiamo ripensare l'arte e come farla fruire agli spettatori».
L'OMAGGIO
Il concerto, anticipato in campo San Fantin da cinque orchestrali con un momento musicale all'aperto che ha richiamato il pubblico, è stato dedicato alla città, ai veneziani e in particolare a tutto il personale medico-sanitario. Una cinquantina erano i medici e gli infermieri presenti, tra cui anche l'infermiera del centro covid di Vittorio Veneto Sandra Turbian. Proprio a lei, che nei mesi più duri aveva espresso il desiderio di tornare presto in teatro, l'orchestra su Facebook aveva dedicato delle musiche. «Sono stati fantastici in un momento così delicato. Oggi è una gioia immensa essere di nuovo qui, ma dobbiamo tenere alta la guardia» ha detto. Moltissimi i veneziani anche se non sono mancati i turisti, per 250 biglietti. Ad inaugurare il concerto degli ottoni dell'Orchestra e degli artisti del Coro del Teatro sono stati i fiati della celeberrima Fanfare for the Common Man di Aaron Copland. Sono poi seguiti brani di Monteverdi, Gabrieli e Bach. E alla fine è stata solo una grande emozione.
Francesca Catalano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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