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Le colonne delle Corderie ad inquadrare da protagoniste, con la luce

Giovedì 24 Maggio 2018
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Le colonne delle Corderie ad inquadrare da protagoniste, con la luce naturale che si riversa dalle finestre, i diversi progetti architettonici lungo il percorso. Scelta condivisa certamente anche delle due curatrici della mostra, Yvonne Farrell e Shelley McNamara, un sodalizio pluriennale, in nome di un FreeSpace come recita il titolo di questa Biennale di Architettura, inteso soprattutto, ma non esclusivamente, come luogo di confronto e di dialogo sociale.
I MATERIALI
Una prima annotazione che va tutta a loro merito: i progetti sono stati concordati con gli architetti da loro selezionati. Altra annotazione: la prevalenza di tecnologie povere e materiali che emanano il profumo del legno o il ricorso al bambù o alla plastica e se di pregio, come l'acciaio, riciclati. Infine sono tutti progetti definiti, rarissimi i disegni preparatori, e quindi leggibili anche dai non addetti ai lavori. Ecco il tetto di un centro di ristoro dei norvegesi Jensen & Skodvin o il mondo rovesciato (siamo agli antipodi) dell'australiano John Wardle o, per fare un esempio italiano, la casa per vacanze a Noto di Maria Giuseppina Grasso Cannizzo. Insieme ad una sintesi di quel che significa fare architettura da parte di Mario Botta. E come non tener presente infine le opere di Alvaro Siza, uno dei maestri portoghesi e lo studio Sauerbruch-Hutton, i professionisti che stanno lavorando per realizzare il Museo del Novecento a Mestre, il celebre M9?
Alla fine del percorso il padiglione Italia, curato da Mario Cucinella, con la riscoperta dei borghi immersi nella natura incontaminata. Se l'Arsenale è luogo privilegiato, non per questo è da sottovalutare il padiglione centrale dei Giardini, anzi, la scritta introduttiva sotto la cupola di Galeo Chini suggerisce un incontro ravvicinato close encounter con gli edifici di valore. In dialogo nella grande sala di ingresso. Dove, su invito delle curatrici, 16 architetti indagano sulla qualità di altrettanti edifici proposti come modello.
LA RICERCA
Ecco emergere un altro sottinteso di questa Biennale: il valore della ricerca. A cui si aggiunge quello di interscambio, di riconoscimento dei debiti formativi dovuti a un grande maestro: è il caso Cino Zucchi che presenta la produzione di Luigi Caccia Dominioni.
C'è anche la rivisitazione storica di una pagina non proprio esemplare della recente storia veneziana. Quando furono rifiutati, negli anni Sessanta, i progetti di tre grandi maestri: Louis Kahn che aveva disegnato il nuovo padiglione centrale ai Giardini; Le Corbusier per un nuovo ospedale in una zona di raccordo con la terraferma; infine Frank Lloyd Wright che ha visto solo in parte realizzata la sua residenza sul Canal Grande. Un monito che in architettura esistono anche le sconfitte. Nulla di paragonabile, comunque, alla catastrofe immaginata in tempi di mutamenti climatici: lo sprofondamento di una parte di Manhattan, sottolineato dal rombo della marea che sale improvvisa a sommergere edifici e abitanti. Un monito che però ha un risvolto positivo: un progetto congiunto di biologi e architetti danesi, inglesi e statunitensi per la creazione di un parco di 16 chilometri, una specie di cintura di salvataggio per prevenire la catastrofe. Un'ultima annotazione lo spazio libero e anche quello moltiplicato dagli specchi. Con il loro effetto disorientante, ma anche con l'amplificarsi delle prospettive.
Lidia Panzeri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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