IL VIAGGIO
«In Italia abbiamo il Frecciabianca, il Frecciargento e il Frecciarossa.

Mercoledì 13 Dicembre 2017
IL VIAGGIO
«In Italia abbiamo il Frecciabianca, il Frecciargento e il Frecciarossa. Qui passa invece il Freccianera». Enrico Cattolico, 57 anni, guarda il treno su cui viaggia ogni mattina e poi allarga le braccia. Parla con amara ironia, perché ormai è stanco di arrabbiarsi e lamentarsi.
Enrico è tra le centinaia di pendolari che percorrono la tratta Rovigo-Verona, considerata da Legambiente addirittura la quarta peggiore d'Italia.
La linea gestita da Servizi territoriali Spa, società controllata dalla Regione Veneto, è lunga 96,6 chilometri e collega due capoluoghi. Eppure il report Pendolaria parla chiaro ed evidenzia una lunga serie di problemi, puntualmente confermati da studenti e lavoratori. «Treni vecchi, spesso in ritardo oppure cancellati. Molte fermate non sono illuminate e sono sprovviste di tabellone luminoso» raccontano in coro i pendolari, mentre salgono sul treno che alle 8.38 parte dal Polesine per raggiungere la città di Romeo e Giulietta. Un ragazzo, più imbufalito degli altri, rincara la dose: «Questi treni sono catorci, e i viaggi sono spesso un'incognita».
Molti lavoratori sono già saliti sui due convogli precedenti, su questa corsa troviamo soprattutto studenti universitari. Tutti, in ogni caso, viaggiano su automotrici a gasolio dei primi anni 90 (se va bene) o addirittura degli anni 70 (quando va male). La linea, ovviamente, non è elettrica.
LE STUDENTESSE
Il viaggio dura un'ora e quaranta, prevede 11 fermate e il biglietto costa 7,55 euro. I vagoni sono solamente due (all'ora di punta si riempiono trasportando un centinaio di utenti) e la vera notizia è che sono entrambi riscaldati: «Dovrebbe essere la normalità - racconta Luca, studente di Medicina - ma non lo è affatto. Quante volte viaggiamo al gelo...».
Beatrice Rocchi studia invece a Bologna, ma viaggia spesso su questa tratta per andare a trovare il fidanzato da Rovigo a Lendinara. Le facciamo notare che siamo in ritardo di 9 minuti sulla tabella di marcia. «Beh, ma è normale, ci abbiamo fatto l'abitudine. Fossero questi i problemi». E quali sono allora? «Qui non ci sono Regionali Veloci - risponde -. Solo queste Littorine che fanno tutte le fermate. E le stazioni sono spesso buie. Guardate Lendinara: alla sera non c'è nemmeno una luce. Aspettare da sola il treno, magari in ritardo, non è mai bello». C'è un'altra criticità che sottolineano tutti: in moltissime stazioni manca il tabellone luminoso. «Ritardi e cancellazioni vengono annunciati solo all'altoparlante».
Le stazioni desolate, i treni costruiti almeno 25 anni fa, i pendolari silenziosi e rassegnati. Il panorama circostante, fatto quasi esclusivamente di distese di campi, ci mette del suo: sembra davvero di viaggiare in un'altra epoca.
Anche Giulia è una studentessa universitaria: sta andando a Verona e per lei i disagi non sono certo una notizia. «Il treno peggiore è quello che parte alle 6.38 da Rovigo - racconta -. Non sai mai se c'è o se non c'è. E se c'è, non sai mai se il riscaldamento funziona».
STAZIONI ABBANDONATE
Alla sosta di Badia Polesine i pendolari sbottano ancora: «Qui non c'è alcuna tettoia. Se piove aspettiamo sotto la pioggia». Un ragazzo, abituato probabilmente ad altre linee, chiede se nel vagone c'è una presa elettrica per caricare il cellulare. Il suo amico, che conosce bene la Rovigo-Verona, gli risponde con scherno: «Ma dove pensi di essere? Mica siamo nel 2017, qui».
E poi c'è appunto Enrico, che questa tratta la percorre ogni santo giorno. «I treni sono vecchi, e sono pochi (16 nell'arco di una giornata, ndr). E la tratta, a parte 15 chilometri, è tutta a binario unico. Questi sono i problemi. L'estate corsa ho viaggiato in Finlandia: calcolavano coincidenze di due minuti e le rispettavano. Qui è utopia. Ma va fatto un complimento ai ragazzi che lavorano su questi treni: sono comprensivi e disponibili, ma al tempo stesso inflessibili con chi non ha il biglietto».
A Cerea sale una scolaresca. Tutti trovano posto a sedere, ma un'accompagnatrice scuote la testa: «Mai visto un treno così». Per lei un mezzo del genere è una novità, non lo è affatto invece per i 213 membri del gruppo Facebook Linea ferroviaria Verona-Rovigo: «Una tratta abbandonata da anni a se stessa» si legge nell'intestazione della pagina, dove ogni giorno i pendolari sfogano i propri malumori. Per questa corsa non avranno grandi ritardi da segnalare, perché alla fine la vaca mora arriva a Verona Porta Nuova solamente pochi minuti dopo l'orario previsto.
É andata peggio a chi ha viaggiato prima di noi: «Ho preso il treno alle 6.50 da Bovolone. Arrivati a Isola della Scala, alle 7.15, ci hanno fatto scendere per un problema tecnico. Abbiamo cambiato treno e perso mezz'ora» sospira Daniele Lucchese, 35 anni.
IL CAPOTRENO
Tutti si lamentano, ma nessuno se la prende con il capotreno. «Capiscono che stiamo dalla loro parte e che facciamo il possibile - racconta l'uomo in divisa, fischiando per indicare al macchinista che si può ripartire -. Se il treno presenta un guasto i pendolari sanno che non dipende da noi. E se le stazioni sono al buio sanno che non dipende dalla nostra società».
Sul treno di ritorno, all'ora di pranzo, viaggia anche un'insegnante. Si chiama Anna Cavicchioli e percorre questa linea da sette anni. «É abbandonata, è una vergogna. Martedì scorso sono rimasta senza treno e non hanno mandato alcun bus sostitutivo: dopo 30 minuti di attesa sono dovuta salire in macchina. Ci dicono che arriveranno nuovi treni: noi aspettiamo». Già, aspettare. Un verbo che i pendolari della Rovigo-Verona conoscono bene.
Aspettano. Magari in una stazione buia, sotto la pioggia e senza tettoia.
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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