Sperimentazione plasma iperimmune 4mila guariti hanno chiesto di donarlo

Giovedì 15 Aprile 2021
Sperimentazione plasma iperimmune 4mila guariti hanno chiesto di donarlo
IL DATO
TREVISO «Ci sono state circa 4.000 persone guarite da Covid-19 che hanno effettuato la richiesta per poter donare il plasma iperimmune, risultato in certi casi utile per trattare pazienti nei primi giorni di malattia e prevenire l'evoluzione di quest'ultima in forma severa». Arianna Veronesi, primario del Centro Trasfusionale dell'ospedale Ca' Foncello di Treviso parla della Biobanca Veneta, attivata dalla Regione Veneto, visti i netti miglioramenti delle condizioni cliniche di pazienti ricoverati per Coronavirus dopo la somministrazione di plasma iperimmune. L'ospedale di Treviso e in particolare il Centro Trasfusionale sono i punti di riferimento provinciali per questo tipo di donazioni, che continuano ad essere effettuate nonostante alcuni dubbi.
LO STUDIO
Lo scorso 8 aprile, infatti, si è conclusa l'analisi dei dati dello studio clinico chiamato Tsunami, promosso dall'Istituto Superiore di Sanità e dall'Agenzia Italiana del Farmaco, sul ruolo terapeutico del plasma convalescente nei pazienti che hanno sviluppato malattia Covid-19. I risultati non sono stati totalmente confortanti. «Noi continueremo con la raccolta di plasma iperimmune - spiega Veronesi - fin tanto che la Regione Veneto non darà ulteriori indicazioni anche in rapporto all'evoluzione delle strategie terapeutiche evolutive». La dottoressa si riferisce agli anticorpi monoclonali che sono stati autorizzati da pochi giorni per trattare i pazienti malati di Coronavirus. La somministrazione di plasma iperimmune rimane comunque, per ora, una delle strade principali per contrastare Covid-19 e Veronesi sottolinea come sia stato dimostrato che il rischio di malattia grave sia diminuito notevolmente sui pazienti trattati con plasma iperimmune ad alto titolo anticorpale, ma nei primi tre giorni di malattia quindi nelle primissime fasi. «Questa strada era l'unica. C'erano altri presidi che sono stati via via dismessi ed eliminati. La costante era il plasma come terapia consolidata all'interno di un protocollo sperimentale clinico. Adesso ci sono delle evidenze diverse e attendiamo le linee guida del Centro Nazionale Sangue e della Regione Veneto» afferma il primario Arianna Veronesi.
IL TRATTAMENTO
Sono stati circa 250 i pazienti trattati fin'ora, che vedevano frazionato il plasma in tre giorni diversi e 600 le unità donate, nonostante le richieste siano state moltissime, ma i criteri di reclutamento e le selezioni dei donatori sono ovviamente molto stringenti. «La vaccinazione non è un criterio di reclutamento e lo studio non prevede questo requisito conclude la dottoressa, rispondendo alla richiesta dei vaccinati di donare plasma iperimmune. «Il vaccino serve per garantire l'immunità al soggetto e la famosa immunità di gregge. Con le donazioni si vanno a sottrarre gli anticorpi e si riporta il soggetto ad una condizione di scarsa immunità. C'è il rischio che la persona non abbia risposto al vaccino con alti titoli anticorpali e che quindi non possa donare». Anche Vanda Pradal, presidente dell'Avis provinciale di Treviso sottolinea l'importanza della donazione di plasma iperimmune, visto il riscontro positivo sui pazienti a cui è stato somministrato. «Anche se non si risulta idonei alla donazione di plasma iperimmune, quest'ultimo non va eliminato ma utilizzato per altri scopi, che riguardano anche i medicinali plasmaderivati, essenziali per il trattamento di molte patologie» conclude Pradal.
Benedetta Basso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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