LA TESTIMONIANZA
TREVISO «Buonasera signor sindaco, sono Marilena Rosada,

Venerdì 30 Ottobre 2020
LA TESTIMONIANZA
TREVISO «Buonasera signor sindaco, sono Marilena Rosada, volevo esprimerle il mio rammarico e il mio sconforto». La pasionaria della lotta contro la costruzione, a poche decine di metri da casa sua, del quarto lotto della tangenziale, ci fa ascoltare l'inizio del messaggio vocale inviato a Mario Conte. Combattiva anche nei panni che deve vestire dal 9 marzo, quelli di malata di tumore in tempi di Covid. Offre la sua testimonianza per chiedere a chi è restio a rispettare le regole anti contagio di pensare innanzitutto ai malati. A quelli colpiti dal virus, certo, ma anche agli altri, a chi il Covid non può permetterselo, a chi ha bisogno che gli ospedali siano operativi al cento per cento per poter sperare di guarire.
LA MALATTIA
«Dopo mesi in cui i medici non riuscivano a capire la causa del mio malessere, mi è stato diagnosticato un linfoma. Proprio all'inizio della pandemia racconta Sono stata tanto male, mi hanno ricoverato, mi sono sottoposta a cicli di chemioterapia, ora sto facendo la radioterapia. Ma il Covid è stato di ostacolo, soprattutto all'inizio: non ho potuto accedere alla sala operatoria per il previsto prelievo dalla massa perché chiusa a causa del virus». A spingere la Rosada allo sfogo, prima con il sindaco e poi con noi, le immagini della manifestazione di piazza di lunedì sera. Lei, sempre attenta a quello che accade in città, alle dichiarazioni che legge sui giornali, è rimasta profondamente colpita. «Ho visto la gente radunata in piazza per protestare, ho letto le interviste, vorrei avere la bacchetta magica per risolvere i problemi di tutti, comprendo che le persone chiedano di poter lavorare ma dobbiamo metterci in testa che se il governo chiude lo fa perché in questo momento non ci deve essere socialità. Molta gente non ha capito, ha continuato a fare assembramenti ed è per questo che siamo a questo punto. Non ci possiamo permettere che i contagi continuino ad aumentare, la gente deve anche pensare che non si possono intasare gli ospedali. Se continuiamo con questo ritmo, gli altri ammalati, gli oncologici come me, cosa fanno, dove vanno?». Un'angoscia che in molti, con tante patologie differenti, hanno provato questa primavera, e tornano a sperimentare sulla loro pelle oggi. «Quando ero ricoverata, ho visto persone morire a fianco a me, non avevano parenti accanto: non auguro a nessuno di passare quello che ho passato in quelle settimane, e non avere i familiari vicini».
I RISCHI
Anche andare quotidianamente in ospedale, come fa Marilena, è un rischio, uno stress emotivo: «Ci vai perché devi, ti chiedono se hai la tosse, se hai avuto sintomi di qualche genere, devi disinfettarti, usare la mascherina, i copriscarpe». Non intasare gli ospedali è vitale: «Più gente entra per Covid, meno gli altri possono essere curati ribadisce Il personale fa quello che può». Vedere quindi tremila persone in piazza dei Signori, una vicina all'altra, l'ha sconvolta. Lei, donna pratica, che di battaglie ne ha fatte tante, comprende lo spirito, ma contesta il modo. «Chiedo solo di pensare anche ai malati come noi, già è difficile curarsi in questa situazione, prego tutti di mantenere le distanze e usare la mascherina in modo corretto, altrimenti non serve a niente. Se tanti si ammalano di Covid, le altre persone non possono essere curate. E poi conclude con uno sguardo che descrivere a parole non si può - c'è un rischio sempre maggiore che le persone che hanno altre patologie, come me, prendano il virus. E non ce la facciano...».
Lina Paronetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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