L'INTERVISTA
TREVISO «Sono passati 40 anni dalla legge Basaglia. Ma sulla

Lunedì 15 Aprile 2019
L'INTERVISTA TREVISO «Sono passati 40 anni dalla legge Basaglia. Ma sulla
L'INTERVISTA
TREVISO «Sono passati 40 anni dalla legge Basaglia. Ma sulla salute mentale c'è ancora molto da fare. I pregiudizi non sono stati sconfitti. Le comunità attuali, se non connesse con il territorio, rischiano di sostituirsi ai vecchi manicomi. E poi pesa la carenza di specialisti, con difficoltà di reclutamento. Siamo arrivati a contare l'assenza, per vari motivi, di quasi venti psichiatri. Vuol dire che i servizi sono andati avanti senza un terzo della dotazione organica». L'istantanea sulle prospettive della psichiatria nella Marca è di Gerardo Favaretto, 63enne direttore del dipartimento di Salute mentale dell'Usl, neo pensionato, già vicepresidente della Società italiana di psichiatria.
Dottor Favaretto il dipartimento segue quasi 14mila persone, con 200 nuovi casi all'anno di disturbi del comportamento alimentare. Molti indicano l'ansia e la depressione come i grandi mali del futuro. Sarà così?
«I numeri delle prevalenze in generale partono dalle persone in situazioni di vulnerabilità. Possono impressionare. Ma viviamo in una società in cui si è sempre più soli. Le famiglie sempre più isolate. Se cadono questi fattori di protezione, bisogna costruirne altri attraverso una rete sociale».
Perché aumentano i disagi psichici?
«Per lo stile di vita, che comprende anche il lavoro, e la qualità delle relazioni tra le persone. Se tutto è basato esclusivamente sulla prestazione aumentano stress e fattori di rischio. Poi è aumentata la diffusione di droga e alcol. Una volta era sufficiente non andare a cercare le droghe. Adesso bisogna saperle evitare».
I nuovi social aiutano ad abbattere l'isolamento?
«Rappresentano un rischio. Stiamo cercando di capire se possono essere anche una risorsa. Smartphone e tablet stanno modificando le connessioni neurali molto più velocemente di sempre».
I servizi psichiatrici dell'Usl sono preparati ad affrontare le nuove sfide?
«Un po' si e un po' no. È migliorata l'accessibilità. Così come l'offerta delle comunità terapeutiche (oggi contano oltre 250 posti, ndr). Ma queste non possono essere pensate come sostituzione dei vecchi manicomi. Servono programmi flessibili, da portare avanti in stretto contatto con il territorio».
La fusione delle 3 ex Usl nell'azienda unica provinciale è stato un vantaggio?
«È una buona opportunità. Ma serve tempo. Bisogna coinvolgere i Comuni e in generale tutti i soggetti della comunità».
È aumentata in modo esponenziale l'offerta di psicologi e counselor. Positivo?
«Va bene quando si sceglie una professionalità competente, coerente con i propri bisogni».
Di recente c'è stata una polemica tra la Società italiana di psichiatria e il vicepremier Matteo Salvini sull'esplosione di aggressioni da parte di pazienti psichiatrici. Come la vede?
«Pensare che i pazienti psichiatrici siano pericolosi è un pregiudizio non ancora superato. Sono molto più spesso vittime di violenze che non autori. Poi possono verificarsi singoli episodi, ma non possono essere generalizzati, dato che accadono in ogni altro contesto».
Qual è il caso che l'ha colpita di più nella sua carriera?
«Non ce n'è uno solo. Sono grato di aver avuto la possibilità e la fortuna di ascoltare persone, in condizioni di sofferenza, in grado di avere sul mondo una posizione e una comprensione originale. È una cosa che consente di imparare molto sulle condizioni della nostra umanità».
La Regione ha appena aperto alla riassunzione dei medici andati in pensione. Tornerebbe subito indietro?
«Personalmente non tornerò. La misura pensata per affrontare l'emergenza, in quanto tale, non è né giusta né sbagliata. Certo non può risolvere le cose da sola. Bisogna migliorare la formazione, il reclutamento e l'organizzazione dei servizi. Per quanto mi riguarda ho concluso il mio percorso in ospedale. Ma continuo a insegnare nella sede di Treviso dell'università di Padova. Faccio formazione sulla psichiatria. E ho l'incarico di gestire l'archivio del Sant'Artemio, che raccoglie la storia di migliaia di persone. Non ci si annoia».
Mauro Favaro
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