IL PROBLEMA
TREVISO Una delle conseguenze più penose dell'epidemia di coronavirus

Martedì 31 Marzo 2020
IL PROBLEMA
TREVISO Una delle conseguenze più penose dell'epidemia di coronavirus in corso è l'impossibilità di tenere cerimonie funebri, sospese dalle norme che vietano gli assembramenti per contrastare la diffusione del contagio. Un problema che tocca anche i molti stranieri residenti nella Marca, in particolare gli immigrati di fede islamica. Con, anzi, nel loro caso, un'aggravante in più: con le frontiere blindate e i voli cancellati dal dilagare della pandemia, è diventato impossibile rimpatriare le salme dei defunti. «Per questo chiediamo vengano creati degli spazi per la sepoltura distinti dai cimiteri cristiani» è l'appello lanciato ai Comuni del territorio e alla Regione da Abdallah Khezraji, storico rappresentante delle comunità musulmane nel Veneto.
LA VICENDA
Lo spunto per l'istanza deriva dalla vicenda di un immigrato di fede islamica deceduto tre giorni fa a Montebelluna, peraltro per una malattia non legata al coronavirus. Nonostante non vi sia alcuna controversia sulla morte, la salma è tuttora conservata in obitorio e la sua definitiva collocazione, al momento, pare di difficile soluzione. La religione musulmana infatti proibisce non solo la cremazione, ma anche la deposizione in loculi o altri manufatti artificiali, esigendo per l'eterno riposo dei suoi adepti esclusivamente l'inumazione nel terreno. Fino alle scorse settimane, spiega Khezraji, di norma i corpi dei defunti venivano riportati nei paesi d'origine per la sepoltura, nonostante spese non trascurabili. Ora, però, ogni trasferimento è rimandato a data da destinarsi.
LA SOLUZIONE
«Gli eventi drammatici di questi giorni toccano tutti noi e siamo vicini a chi ha perso un proprio familiare - prosegue l'esponente dei musulmani - Ci rendiamo conto che la situazione attuale è estremamente complessa, in tutto questo non possiamo che cercare di conservare le salme negli obitori il più a lungo possibile ma il problema potrebbe essere superato se, anche all'interno dei cimiteri locali, fossero ricavate aree distinte da quelle cristiane e armonizzate con i riti funebri islamici». Ad oggi alcuni spazi di questo tipo sono disponibili a Marghera e a Padova, ma non nella Marca: se n'era discusso, ad esempio, nel capoluogo ormai più di dieci anni fa, senza però giungere ad alcuna decisione concreta. Khezraji assicura che qualora gli enti locali autorizzassero l'operazione, le varie associazioni degli immigrati sarebbero anche disponibili a contribuire finanziariamente all'acquisto del terreno o ai lavori necessari. Peraltro la questione è destinata ad assumere una rilevanza crescente nel prossimo futuro, anche una volta superata la contingenza dell'allarme sanitario.
I NUMERI
«Il 30-35% dei flussi migratori giunti in quest'area negli ultimi decenni riguarda persone di religione musulmana - ricorda Khezraji Fino a tempi recenti le priorità erano state altre: il lavoro, la casa, l'istruzione dei figli. Ora, però il problema si fa sentire. Da un lato, anche questa popolazione invecchia, dunque aumenteranno i decessi. Dall'altro, le nuove generazioni, nate e cresciute qui, conservano sempre meno legami con i paesi d'origine e vorrebbero poter avere le tombe dei propri cari morti vicino al luogo dove vivono». Un problema strutturale che l'emergenza coronavirus sta evidenziando con urgenza.
Mattia Zanardo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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