Solo 20 latterie sopravvissute alla crisi: «Un marchio per tutelare l'antica arte»

Lunedì 19 Dicembre 2022 di Yvonne Toscani
Solo 20 latterie sopravvissute alla crisi: «Un marchio per tutelare l'antica arte»

BELLUNO - Sono una ventina le latterie operative nella provincia di Belluno.

Alcune sono presenti in più Comuni e con più sedi. Una fotografia che è ben lontana dall’epoca d’oro dell’industria dei latticini, antica tradizione della provincia. Era il 1872 quando a Forno di Canale, per opera di don Antonio Della Lucia fu istituita la prima latteria sociale cooperativa d’Italia. Dopo pochi anni, nel 1891 le latterie bellunesi erano ormai 133, (121 sociali e 12 private) ed erano sparse in 50 comuni della provincia. Agli inizi del Novecento arrivarono quasi a quota 200, ed oggi sono praticamente decimate.

LE DIFFICOLTÀ

«Le latterie sono un patrimonio fondamentale della provincia di Belluno, sia per i prodotti di grande qualità che esprimono sia per la storicità profonda che hanno alle spalle – commenta il consigliere provinciale Simone Deola, delegato all’ambiente –. In questo momento vivono la difficoltà dei rincari energetici che si somma alla difficoltà di reperire personale qualificato. È il motivo per cui, a completamento del bando per contributi di qualche mese fa, è stata prevista anche una parte di formazione per casari, di perfezionamento e di nuove figure, oltre a un progetto per la promozione dei prodotti, che sono di assoluta eccellenza anche se spesso poco conosciuti fuori dal nostro territorio».

«SERVE UN BRAND»

Per Simone Deola conservare le latterie e il patrimonio che esse rappresentano passa per la valorizzazione della qualità. «Perché valorizzare quest’ultima – aggiunge – consente di tenere i prezzi su una gamma più alta e, quindi, significa consentire la sostenibilità di queste attività. L’ottica futura dovrà essere quella di creare un brand territoriale dei prodotti delle latterie bellunesi, così da veicolare un’intera provincia con i sapori delle nostre Dolomiti e della Valbelluna».

LA FOTOGRAFIA

Il dato che fotografa lo stato attuale delle 20 latterie bellunesi è aggiornato quasi in tempo reale del Ministero della salute. Che monitora costantemente la situazione, pubblicando in diretta le liste degli stabilimenti italiani autorizzati alla produzione e commercializzazione di alimenti di origine animale sul territorio dell’Unione Europea. Ad occuparsi del settore è in particolare l’ufficio 2 dell’igiene degli alimenti ed esportazione, facente parte della Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione, che predispone l’elenco ufficiale degli stabilimenti riconosciuti ai sensi del Regolamento n.853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per questa tipologia di animali. La sezione IX è dedicata appositamente al latte crudo e ai prodotti lattiero caseari. Per il primo si intende il prodotto dalla ghiandola mammaria di vacche, pecore, capre o bufale, non sottoposto ad una temperatura superiore a 40 gradi né ad un trattamento avente effetto equivalente.

LA MAPPA

In base alla lista, in provincia di Belluno, stabilimenti di trasformazione, cioè di fabbricazione in cui il latte e i prodotti a base di latte sono trattati, trasformati e confezionati, si trovano nella città capoluogo, Agordo, Cesiomaggiore, Comelico Superiore, Falcade, Fonzaso, Lentiai, Limana, Livinallongo del Col di Lana, Rivamonte Agordino, Santa Giustina, Sedico, Selva, Seren del Grappa, Sospirolo, Taibon, Tambre, Tignes d’Alpago, Tisoi e Trichiana. In un terzo dei Comuni bellunesi, quindi, vengono prodotti alimenti lattiero caseari, derivati esclusivamente dal latte, con l’aggiunta eventuale delle sostanze necessarie alla loro fabbricazione, purché non utilizzate per sostituire totalmente o parzialmente uno qualsiasi dei costituenti della “materia prima”. Si tratta di un dato importante, che dovrà essere comparato con quello che arriverà dall’elaborazione dell’ultimo censimento sull’agricoltura, i cui dati diffusi riguardano ancora le aree regionali.

IL LATTE

Generalmente viene lavorato il classico latte di mucca: il vaccino. Accanto al più popolare e più conosciuto, vengono trasformati anche il latte di capra, via via sempre più noto, grazie alle nuove tendenze alimentari, e quello di pecora, non così diffuso come ci si aspetterebbe di fronte a tanti prodotti famosi preparati proprio con esso. Alla lista degli stabilimenti inseriti nell’elenco del Ministero della Salute vanno aggiunte le latterie in deroga che effettuano esclusivamente produzione primaria, operazioni di trasporto, magazzinaggio di prodotti che non richiedono installazioni termicamente controllate o vendita al dettaglio. 

Ultimo aggiornamento: 11:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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