Pietropoli: «Nasce nascosto e sacrificato il Palazzo di Giustizia»

Sabato 15 Maggio 2021
IL CONTRARIO
ROVIGO Già oltre un mese fa era intervenuto nel dibattito sulla nuova sede del Tribunale per manifestare le perplessità sull'utilizzo dell'ex questura, che stava in quel momento prendendo quota come possibile via d'uscita. Anche ora che questa via sembra essere stata imboccata con decisione, l'architetto Guido Pietropoli cui si deve, fra le varie opere, il ridisegno di corso del Popolo, non nasconde i dubbi. «Mi sono già espresso blandamente su questa ipotesi e non mi sembrava la migliore per il Palazzo di Giustizia, che richiederebbe una propria unità. C'è una prima questione legata alla viabilità di accesso, perché è in un cul-de-sac, anche se è presente anche l'ingresso da via Sacro cuore. Un problema banale, manifesto, che sarà preso in considerazione, anche se non si può pensare di sovvertire l'intero piano del traffico. Dal mio punto di vista, tuttavia, un aspetto significativo è quella della mancanza di visibilità dell'edificio, incistato in quell'area, in un vicolo cieco, che lascia passare l'idea di una Giustizia celata, che si nasconde».
Una riflessione che si sviluppa sul tema del senso stesso dell'architettura. Come già spiegato, il punto non è quello dell'incidere sul centro cittadino, perché «una rapida indagine nell'ultimo secolo di vita della città, e cioè nella storia del suo vivere e rigenerarsi, contraddice l'assunto che il centro storico abbia un disegno immodificabile: la storia della città e non solo di quella della piccola Rovigo, mostra come l'organismo urbano, quando deve crescere, impone ingenti sacrifici al tessuto originario».
GIUSTIZIA SACRIFICATA
Il punto sembrerebbe proprio il fatto che non sarebbe il centro sacrificato per il Tribunale, ma quest'ultimo a nascere sacrificato al centro. «Per tradizione e necessità storica - chiarisce Pietropoli - lo Stato si è sempre proposto come immagine palese, tanto più quando l'immagine è quella della Giustizia, che non a caso vive di ritualità e simbologie antiche. Un Palazzo di Giustizia da cercare col lanternino non è un bel messaggio. Non possiamo fingere di non sapere che gli edifici hanno una propria carica rappresentativa. E lo Stato ha sempre cercato di presentarsi e rappresentarsi nelle proprie articolazioni. Non sto parlando della necessità di un monumento, perché oggi si rifugge dalla monumentalità, ma un minimo di carattere e identità, oltre che di riconoscibilità, un Tribunale le deve avere. Se si deve aggiungere una scritta per far sapere che ci si trova di fronte a un Palazzo di Giustizia, nascosto alla vista e non identificabile, si può ben dire che è la capitolazione dell'architettura. Nonché della città stessa».
CENTRO MINUSCOLO
Tornando alla collocazione all'interno della città, Pietropoli sottolinea come «il problema del centro è sempre stato un falso problema. La cinta muraria di Rovigo ha la forma di un pentagono schiacciato lungo circa 700 metri e largo circa 500. Facendo centro sul monumento di Vittorio Emanuele, per uscire nella direzione nord-sud si devono fare circa 250 metri, mentre nella direzione est-ovest circa 350. Dato che una persona a piedi percorre circa quattromila metri in un'ora, i tempi di percorrenza per uscire dalla cinta muraria partendo da piazza Vittorio Emanuele sono 4 o 5 minuti. Qual è il problema di mantenere il Tribunale nel centro? Se questi sono i limiti entro i quali ci costringiamo, significa non solo che siamo stati vinti dalla pigrizia, ma che non sappiamo neppure più muoverci. Non è lungimirante nemmeno rappezzare sempre e non arrivare a un intervento risolutivo. Perché così leggo anche questa soluzione, che non mi pare offra alcuna possibilità di ulteriori sviluppi, mentre nel tempo si manifestano sempre esigenze di spazi maggiori, come del resto abbiamo visto quando sono avvenuti i recenti accorpamenti. Dovremmo pensare a costruire un Tribunale che possa risolvere i problemi nel tempo e non per un lustro o poco più. Invece, in questo caso, mi pare che stiamo correndo il rischio di farci realizzare un vestito su misura che ci va già un po' stretto».
Francesco Campi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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