Orrori all'ospizio: la Corte d'Appello ribalta il verdetto per cinque operatrici

Mercoledì 8 Luglio 2020
Orrori all'ospizio: la Corte d'Appello ribalta il verdetto per cinque operatrici
LA SENTENZA
ROVIGO Un nuovo colpo di scena nelle vicende giudiziarie che hanno ruotato attorno agli Istituti Polesani, in questo caso con la sentenza d'appello delle cinque operatrici della struttura che in primo grado erano state condannate a 3 anni ciascuna per maltrattamenti in concorso. Per due di loro, Monica Soriani, 53 anni, di Ficarolo, e Daria Furini, 42 anni, di Trecenta, è infatti arrivata una sentenza di completa assoluzione, «perché il fatto non sussiste», con la conseguente caduta di tutte le implicazioni risarcitorie e civilistiche connesse alla sentenza di primo grado. Per le altre tre, Candida Visentini, 53 anni, di Fiesso Umbertiano, Marisa Visentin, 61 anni, di Ficarolo, ed Elena Chieregato, 40 anni, sempre residente a Ficarolo, è arrivata l'assoluzione «per non aver commesso il fatto», per i maltrattamenti nei confronti di cinque ospiti, «perché il fatto non sussiste» relativamente ad altri quattro ospiti, ma è stata invece confermata l'accusa di maltrattamenti commessi nei confronti di una sola ospite, con la pena nei loro confronti rideterminata quindi in 2 anni, con la sospensione condizionale, e con la revoca di tutte le ricadute civili eccettuate quelle relative alla paziente nei confronti dei quali è stata riconosciuta la loro azione colpevole e di Mauro Mantovani che si era costituito a sua volta parte civile, come responsabile del cda degli Istituti Polesani.
ANALISI DEI FILMATI
Va sottolineato come l'accusa stessa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Giovanni Valmassoi, avesse chiesto l'assoluzione per tutte e cinque le imputate, alla luce di un'attenta analisi di tutti i filmati, architrave dell'impianto accusatorio, ripresi dalle telecamere nascoste che erano state piazzate nella struttura dai poliziotti della Mobile, fintisi carabinieri, usando come scudo un controllo fittizio del Nucleo antisofisticazioni per entrare nella struttura insieme ai militari. Dalle immagini, alcune delle quali hanno avuto un ampio clamore mediatico, sono emersi una serie di atti violenti, che al termine di indagini andate avanti per circa un anno, il 20 giugno del 2014 avevano portato all'arresto di dieci persone, accusate di ripetuti episodi di maltrattamenti all'interno del Nucleo 13 della struttura di Ficarolo, dove sono ospitati i pazienti con disabilità psichiche più gravi. Avevano scelto la via del patteggiamento Lisa Simonetti, a 3 anni e 4 mesi, Gianni Balzan, a 1 anno e 8 mesi, Lorena Cannizzaro e Orazio Triberio Muriana, a 2 anni. Gli altri sei indagati sono invece andati a processo: il medico Tiziano Gaio, 68 anni, era stato già assolto in primo grado, mentre le cinque operatrici condannate tutte a 3 anni. Già allora l'avvocato Marco Petternella, che insieme alla collega Barbara Destro difende quattro delle imputate, con la Visentin affidatasi invece a Monica Malagutti, aveva sottolineato come la sentenza presentasse «varie incongruenze, prima su tutte il fatto che siano arrivate condanne uguali per fatti molto diversi fra di loro».
Un'obiezione, formalizzata nell'atto di appello e che ha trovato accoglimento da parte della Procura generale: «È stata compiuta si legge nella memoria del pubblico ministero - un'operazione di accumulo, di condotte attive e omissive, saldando tutte le singole condotte in un'unica ipotesi concorsuale ricomprendente, peraltro, nella ipotesi accusatoria, tutte le vittime dei singoli episodi La visione dei filmati, gli unici elementi conoscitivi effettivamente rilevanti ai fini della configurazione di responsabilità penali, non consente di ipotizzare una predisposizione organizzata e finalizzata di atti di violenza né una reiterazione di condotte in presenza sistematica degli altri operatori indagati».
F.Cam.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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