LE INFILTRAZIONI
ROVIGO Sull'asse Castagnaro-Polesine era già risuonato

Sabato 27 Luglio 2019
LE INFILTRAZIONI
ROVIGO Sull'asse Castagnaro-Polesine era già risuonato l'allarme di possibili infiltrazioni mafiose nel 2018. Era stata sempre la Prefettura di Verona, al tempo guidata da Salvatore Mulas, ad emettere due informazioni antimafia interdittive nei confronti di altrettante aziende con sede a Castagnaro, nate entrambe nel 2015, la SG Petroli, attiva nella gestione delle pompe di benzina, e la Veneta Autotrasporti srl, che sarebbero riconducibili alla famiglia Diesi, di origini palermitane anche se da oltre un decennio insediatasi in Veneto. Con proprietà anche in provincia di Rovigo.
I PRECEDENTI
Già in passato la Co.Ge.T., nata a Canda nel 2007, trasmigrata a Legnago e poi cancellata nel 2016, e la Tre Emme Costruzioni Generali srl di Badia Polesine, sempre ritenute riconducibili ai Franco Salvatore e Giuseppe Diesi, erano state raggiunte da interdittive emesse dalle Prefetture di Milano e di Rovigo nel 2013 e nel 2014 e poi nel 2016 confermate dal Consiglio di Stato. In Polesine, secondo gli accertamenti interforze, sarebbero emerse anche altre proprietà riconducibili ai Diesi o a persone che comunque rientrano nelle loro frequentazioni. Attività monitorate, ma, al momento, nulla più. Nella galassia di società, da Castagnaro a Masi, da Bovolone a Legnago, passando per Este, spunta a più riprese il nome di Badia. Qui ha sede, in via Benemeriti del lavoro 101, la ditta Isabella snc, specializzata in locazione immobiliare di beni propri o in leasing, che sarebbe intestata alla compagna di Giuseppe Diesi, nonché la ditta di autotrasporti Cosmec srl. Ma anche, proprio nella piazza più centrale, sarebbero da ricondurre alla famiglia Diesi, dall'ottobre 2017 la proprietà del bar Riportico, sotto il Comune, oltre alla tabaccheria al numero 69 di piazza Vittorio Emanuele II, intestata a Giovanna Saltaformaggio.
RICORSO RIGETTATO
Proprio lo scorso 8 maggio il Tar ha respinto il ricorso contro l'interdittiva antimafia emessa nei confronti della Sg Petroli, formalmente intestata alla moglie di uno dei fratelli Diesi. Nel ricorso si contestava che la Prefettura non avesse fornito alcuna prova, se non il vincolo coniugale, che la società fosse gestita dalla moglie del Diesi come semplice prestanome e, non dimostrando «cointeressenze economiche ed imprenditoriali, verrebbero meno i presupposti fondamentali addotti dalla Prefettura per dimostrare l'esistenza di un rischio di infiltrazione criminale». Ricostruzione respinta dal Tar: secondo i giudici amministrativi, infatti, la Prefettura «non si è limitata a tenere conto del rapporto di coniugio esistente, ma ha dimostrato l'esistenza, sulla base di molteplici elementi indiziari, di cointeressenze economiche ed imprenditoriali tra questi due soggetti». Non solo, ma ha ricordato anche che l'interdittiva antimafia, «proprio per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non presuppone che sia raggiunta la prova certa di un fatto o il compimento di determinati reati da parte dei soggetti coinvolti. E' invece sufficiente la presenza di indizi in base ai quali non appare illogico o inattendibile ritenere sussistente un collegamento con organizzazioni mafiose o un condizionamento».
F.Cam.
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