IL CASO
PADOVA Alle 19.10, orario di chiusura stabilito dal regolamento, il vigilante

Mercoledì 23 Ottobre 2019
IL CASO
PADOVA Alle 19.10, orario di chiusura stabilito dal regolamento, il vigilante della Civis si presenta puntualmente all'aula studio Vetrina di via Patriarcato. Per chiuderla? Assolutamente no. Il suo compito è solo quello si accertarsi che la serata prosegua senza particolari problemi. Perché dentro quelle quattro mura affacciate su piazza Capitaniato, nel cuore della città, alla stessa ora entrano dodici militanti (perlopiù studenti) del Centro popolare Gramigna. Mentre decine di ragazzi bevono lo spritz ai tavolini dei bar vicini, gli attivisti si riuniscono per concordare le prossime mosse dopo lo sgombero dall'ex torrefazione Vescovi di via Vicenza.
Le polemiche innescate dal centrodestra nella giornata di lunedì, dunque, non hanno fatto breccia nelle stanze del Bo. Nell'aula studio le luci dovrebbero spegnersi alle 19.10, ma la scelta è quella di chiudere un occhio per evitare un muro contro muro: otto ragazzi e quattro ragazze si siedono in cerchio e la stanza rimane aperta per almeno un altro paio d'ore. Gli uomini della Digos e i vigilanti della Civis controllano che tutto si svolga senza problemi. C'è anche un rapido scambio di battute tra i militanti e due docenti appena usciti da Palazzo Liviano: «Professori, stiamo qui dentro e non facciamo niente di male. Dobbiamo solo parlare tra di noi. È una normalissima assemblea, potete stare tranquilli».
PALAZZO BALBI
Il caso era scoppiato l'altro ieri dopo le accese proteste pervenute da Palazzo Balbi, sede della giunta regionale. «Parliamo di un centro sociale che conta al proprio interno persone indagate, storicamente legato alle Brigate Rosse - era stato l'attacco dell'assessore all'Istruzione Elena Donazzan (FdI) - Non esiste che l'università ospiti un'assemblea politica di questo genere. Un Centro popolare protagonista di violenze reiterate non è una rappresentanza riconosciuta all'interno dell'università».
Parole simili a quelle scelte dal collega di giunta Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo economico, padovano che conosce molto bene la realtà dell'università: «Se le aule dell'ateneo sono aperte a chiunque, allora da domani io organizzerò lì tutti gli incontri della Lega. Parliamo di persone che occupano abusivamente degli stabili. Padova merita un dialogo politico acceso e contrapposto, ma con delle regole. Nella nostra culla culturale non può esserci spazio per chi in passato spesso ha usato la violenza. Il Gramigna non è un'associazione, è una realtà politica di estrema sinistra».
SCONTRI E PROTESTE
È la terza volta nel giro di pochi mesi che il Gramigna finisce nel mirino del centrodestra. Prima per gli scontri in via Oberdan con le forze dell'ordine (29 marzo), poi per le polemiche legate allo sgombero dell'ex mensa universitaria Marzolo (4 aprile) e infine per l'occupazione dell'ex torrefazione di fronte all'hotel Milano (terminata con un blitz della polizia lo scorso 6 ottobre). L'assemblea di ieri è stata convocata dai militanti proprio per riorganizzarsi: «Denunce e repressione - le loro parole - non fermeranno la nostra voglia di lottare per un mondo migliore. Momentaneamente senza un luogo fisico, abbiamo deciso di continuare a trovarci negli spazi che dovrebbero essere a disposizione di tutti, soprattutto dei più giovani». L'ateneo ha fatto sapere che l'assemblea non era stata né richiesta né tanto meno autorizzata. I vertici del Bo hanno scelto di farla svolgere per evitare sgomberi forzati che avrebbero potuto accendere nuove micce.
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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