Morte di Maicol e offese social, scontro in aula

Martedì 8 Ottobre 2019
Morte di Maicol e offese social, scontro in aula
BORGO VALBELLUNA
«Brancarlo sot casa e cargarlo de legnade. Maledetto! Dio santo che pezzo di m....!» («Prenderlo sotto casa e riempirlo di legnate...»). Un commento apparso nella pagina Facebook aperta in memoria di Maicol Zanella, a corredo del collegamento ad un articolo che racconta di come la giovane prima di morire si sentisse perseguitata dal suo capo. La 22enne, originaria di Quero, venne trovata morta per cause naturali (e che nulla hanno a che vedere con il processo ndr), nella sua casa di Lentiai il 26 gennaio 2016: fu stroncata da una patologia congenita al cuore.
Quella dello stalking è una vicenda ancora tutta da appurare che si è aperta in aula a maggio, in quell'udienza a parlare sono state le lettere della ragazza al suo presunto stalker o alcuni suoi appunti. Una vicenda per cui è alla sbarra con l'accusa di stalking il 53enne di Sedico, con studio odontotecnico a Trichiana e Claudio Pietrobon 59 anni di Castelfranco Veneto (TV). Ed è proprio nel contesto di questa vicenda che si inserisce il nuovo tassello finito ieri mattina in aula.
DA IMPUTATO A VITTIMA
Al terzo piano del tribunale a Belluno si è aperto il processo a carico di E.F., quarantenne originario di Venezia. A portarlo a processo proprio Renato Carpene, l'ex datore di lavoro della ragazza assistito dal suo legale Monica Barzon che davanti al presidente del tribunale di Belluno, il giudice Angela Coniglio, ha quantificato in cinquemila euro il risarcimento per la diffamazione subita dal suo assistito.
«Si tratta di offese, postate a corredo di un articolo che racconta di accuse tutte da dimostrare» ha spiegato in aula l'avvocato Barzon. Il difensore dell'imputato ha invece chiarito che l'uomo ha pubblicato la frase ma solo a supporto dell'articolo, puntando quindi a ridimensionare la vicenda e offrendo la sua disponibilità a transare con una cifra dieci volte inferiore rispetto a quella richiesta: cinquecento euro. Vista la distanza tra le parti il giudice ha concesso nuovo tempo. Nella prossima udienza toccherà quindi all'imputato raccontare la sua versione dei fatti. Spiegare perché ha dato del «Pezzo di m....» all'uomo provando a fornire una sua versione dei fatti per evitare una condanna per diffamazione.
(a.zam.)
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