Miele, produzione in calo del 70% Lettera-appello: «Aiutateci»

Domenica 25 Luglio 2021
Miele, produzione in calo del 70% Lettera-appello: «Aiutateci»
AGRICOLTURA
BELLUNO Miele bellunese: produzione a picco del 70%, non accadeva da 20 anni. Ma questa volta la pandemia non c'entra. Le cause sono legate al maltempo, al freddo ma anche - talvolta - alla fauna selvatica che rovescia le arnie. Ecco perché Apidolomiti sta lavorando per ottenere una sorta di indennità per gli apicoltori dei territori montani.
LA FOTOGRAFIA
A tracciare il bilancio della stagione il presidente del sodalizio Luca Stefani. L'associazione conta circa 700 soci che gestiscono sui 6000 alveari. «È un'annata disastrosa fa sapere senza usare mezzi termini il presidente -, si calcola una perdita del 70% della produzione». «Nel primo periodo dell'anno - sottolinea - le temperature si sono mantenute basse, poi le specie nettifere non hanno prodotto. Col risultato che non c'è stata acacia, poco tiglio, il castagno sembrava bello, ma poi non ha prodotto. In pianura si è sofferto delle gelate, c'è stato poco tarassaco e poco millefiori». Stefani ha parlato con alcuni degli apicoltori più esperti della nostra provincia: gli hanno riferito che un'annata come questa non si ripeteva da una ventina d'anni.
SETTORE IN GINOCCHIO
E poiché c'è, anche in provincia, chi vive come prima attività di produzione di miele «abbiamo fatto la richiesta di aiuto a inizio giugno spiega Luca Stefani sia per coloro che hanno registrato la perdita delle famiglie di api (circa 10%), sia per aver dovuto sostenere il costo di nutrire le api con una ventina di chili di mangime. Abbiamo scritto alla Regione Veneto, in via informale, perché le attività produttive vanno sostenute», non quelle hobbistiche. Da quel che si sa si sta cercando di elaborare un metodo di calcolo sulla base del totale delle arnie utilizzate. Il Bellunese ha una sua specificità anche in questo settore dell'agricoltura. «Riteniamo molto importante che si continui con l'apicoltura nel Bellunese prosegue Stefani tanto che stiamo lavorando affinché i nostri apicoltori possano ottenere delle indennità compensative, che vengano riconosciute in quanto l'apicoltura rappresenta un settore importante per il mantenimento ambientale dell'area. Riteniamo che a chi detiene arnie, anche a livello hobbistico, possa e vada riconosciuta un'indennità specifica». I fattori che determino giustificabile questa misura sono numerosi, tra questi succede sempre più di frequente, raccontano da Apidolomiti, che gli animali selvatici (ungulati e cinghiali) urtino le arnie e queste si rovesciano provocando la dispersione della famiglia di api.
LA SFIDA
Stefani è alla guida da 7 mesi e le sfide che si trova ad affrontare sono davvero tante. Era già presente come consigliere quando a guidare l'associazione era il compianto Carlo Mistron, che è venuto a mancare lo scorso dicembre. «Il bilancio come Apidolomiti è positivo, ci si sta impegnando sulla formazione, e stiamo venendo incontro alle esigenze dei nostri soci. La cooperativa è aperta il giovedì pomeriggio (15- 18.30) e il sabato mattina (9-11) per chi volesse acquistare vasi di miele. Anche il laboratorio sta funzionando», chiude Stefani.
GLI INTERVENTI
Argomento a parte, ma che sta interessando parecchi bellunesi è quello riguardante allo sciamare delle api, a ridosso delle abitazioni, nelle intercapedini dei tetti, vicino alle grondaie. Cosa bisogna fare in questi casi? «I privati, se registrano un problema legato alla sicurezza, devono contattare il 115, i vigili del fuoco, che a loro volta contattano Apidolomiti. Ci è capitato già cinque volte quest'estate: due anche in centro a Belluno, ma siamo intervenuti in Nevegàl e a Cortina d'Ampezzo, lungo la ciclabile», fa sapere il presidente. Molto spesso accade che, se il recupero è facile, l'apicoltore si arrangia, altrimenti ha bisogno dell'autoscala. «Si cerca di non distruggere le famiglie di api, che nelle prime 48 ore da quando sciamano cercano una dimora definitiva», conclude.
Federica Fant
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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