L'appello del fratello dopo due anni: «Indagate sulla morte di Pamela»

Martedì 10 Novembre 2020 di Nicola Munaro
CASTELLO Nuovo importante passaggio nell’indagine su un decesso avvenuto a Castello poco meno di tre anni fa

IL CASO
VENEZIA Pamela Da Campo muore a 53 anni nella camera da letto del suo appartamento a Castello. Viene trovata in tarda mattinata. È il 6 febbraio 2018, poco meno di tre anni fa. Su quella morte indicata come naturale dall’autopsia eseguita dal dottor Silvano Zancaner esiste tutt’oggi un fascicolo ancora aperto dal sostituto procuratore Roberto Terzo: il reato, contestato a ignoti, è omicidio colposo. Ma per il fratello della cinquantatrenne, il medico dell’Ulss 3 Gianluigi Da Campo, assistito dall’avvocato Sarah Franchini, un colpevole per la morte c’è ed è il marito della donna. I sospetti sull’uomo li fa mettere nero su bianco lo stesso medico due giorni dopo la morte della sorella. Davanti ai carabinieri spiega i suoi dubbi sul cognato, che non è mai stato iscritto nel registro degli indagati in un’inchiesta avvolta da una nebulosa di mistero e peraltro ferma. Tanto da spingere l’avvocato Franchini a depositare l’altro giorno in Procura generale un’istanza di avocazione del fascicolo, in modo da dare una scossa alla vicenda e riaprire un caso ora fermo su un binario morto con l’obiettivo di discuterne davanti a un giudice. Perché a sostenere che qualcosa di strano ci sia è anche il consulente medico legale della donna: il medico ha evidenziato un’asfissia acuta e che la morte era avvenuta ore prima, come confermato dall’autopsia. 
LA VICENDA
Come in ogni trama che si rispetti, il via al giallo lo dà la scoperta di un corpo senza vita. Quello di Pamela Da Campo viene trovato dalla sorella attorno alle 11 di mattina del 6 febbraio 2018. La vittima è a terra, dalla bocca le esce della bile e vicino a sé ha una bacinella. Secondo la versione raccontata dal marito, Pamela Da Campo infatti non era stata bene per tutta la notte precedente. Lui la mattina del 6 febbraio 2018 era uscito di casa presto per andare a lavorare e si era sentito con la moglie soltanto alle 7 della mattina e lei le aveva detto di stare un po’ meglio. Di tutto questo, però, non c’è traccia. A dirlo ai carabinieri della stazione di San Marco è, due giorni dopo, il fratello della cinquantatreenne, Gianluigi Da Campo. Nella sua denuncia, dove ricorda di aver redatto lui stesso, da medico, il certificato di morte, il dottor Da Campo spiega anche che «non torna la tempistica del decesso con il rigor mortis e l’affermazione» del marito «che sosteneva di aver sentito telefonicamente la moglie alle 7». I sospetti si fanno più intensi perché i fratelli della vittima scoprono che il marito della defunta si era rivolto, il giorno dopo la morte della cinquantatreenne, agli uffici della filiale veneziana della Deutsche Bank «per ritirare - si legge in denuncia - il denaro presente sul conto corrente cointestato» senza riuscirci perché, continua, «mia sorella aveva avvisato l’istituto del decesso» di Pamela Da Campo. Come se non bastasse, il marito aveva cancellato le telefonate effettuate fino al 7 febbraio (giorno successivo alla morte della donna) dal registro delle chiamate del proprio cellulare e di quello della vittima. Perché?
L’AUTOPSIA
Se il medico incaricato dalla procura non individua agenti esterni come cause della morte - mentre il consulente della famiglia si concentra su un enfisema che a suo dire sarebbe testimone di un soffocamento - il dottor Zancaner mette nero su bianco un dato da quel momento incontrovertibile. Scrive che l’accertamento «permette di collocare il decesso tra le 3.30 e le 5.30 del 6 febbraio». Un dato che stride, a detta della famiglia, con la telefonata tra Pamela Da Campo e il marito avvenuta - secondo l’uomo - alle 7 del 6 febbraio. A quell’ora la donna era già morta, almeno così dice la consulenza.
L’ITER GIUDIZIARIO
Atti, questi, fermi in procura all’interno di un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti e per il quale ora c’è una richiesta alla procura generale di avocazione. Lo stesso era stato fatto nel 2019 ma la domanda era stata respinta perché tutto era in visione dal pm per, si legge, «la finalizzazione di indagini». È passato un anno e mezzo ma nessuna decisione è stata presa, sostiene la nuova istanza.
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Ultimo aggiornamento: 15:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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