Pugno in faccia e minacce alla moglie: 26 mesi di carcere all'ex marito sessantenne

Giovedì 29 Febbraio 2024 di Gianluca Amadori
Tribunale di Venezia

SAN DONÀ DI PIAVE - Due anni e due mesi di reclusione per aver maltrattato la moglie, con la quale conviveva a San Donà di Piave. È la condanna inflitta ieri mattina dal giudice penale di Venezia a un sessantenne di nazionalità tunisina, residente in Italia da molti anni.
L'uomo è stato ritenuto responsabile di una serie di episodi di violenza, fisica e psicologica ai danni della coniuge, una connazionale di 56 anni, la quale però non si è costituita parte civile al processo contro di lui, e dunque non ha potuto ottenere la liquidazione di un risarcimento per i danni sofferti.

LA DENUNCIA
A presentare querela è stata la stessa donna, che ha raccontato agli investigatori di aver sopportato in silenzio i maltrattamenti del marito senza mai denunciarli in precedenza, facendo riferimento, in particolare, a un'occasione in cui, nel giugno del 2015, la colpì violentemente con un pugno all'occhio destro, per poi afferrarla per il collo e minacciandola con un coltello: «Uccido te e il tuo bambino, così è tutto finito», le avrebbe urlato a seguito di quello che ha definito come l'ennesimo scoppio d 'ira. La cinquantaseienne ha riferito di percosse da lei subìte anche in precedenza da parte del marito, che la offendeva pesantemente ed era solito comportarsi in modo aggressivo, minaccioso e violento.
La donna ha ripetuto le sue accuse anche in aula, nel corso della precedente udienza, seppure parlando l'italiano con fatica. A confermare il suo racconto sono state la figlia e una vicina di casa, ascoltate dal giudice in qualità di testimonianza. La prima ha confermato di aver assistito ad alcuni episodi, mentre la vicina di casa ha raccontato che la cinquantaseienne si recò a casa sua più di una volta per chiedere aiuto, e in un'occasione si fermò anche a dormire da lei. La vicina ha riferito di aver visto sul corpo della donna i segni delle botte ricevute dal marito. Sulla base degli elementi raccolti nel corso del processo, la pubblica accusa ha formulato una richiesta di condanna dell'imputato a tre anni di reclusione.

LA DIFESA
La difesa, rappresentata dagli avvocati Riccardo Quintarelli e Fabrizio D'Avino, ha cercato invece di dimostrare che al processo non è stata raggiunta prova delle percosse e dei maltrattamenti subiti dalla donna, in mancanza di dati certi: non è stato prodotto alcun certificato medico rilasciato dal pronto soccorso, non ci sono fotografie che documentano le lesioni patite; nessuna querela è stata presentata contro l'uomo, prima di quella che ha dato il via all'inchiesta sulla base della quale è stato celebrato il processo. Il giudice non ha però ritenuto fondate le tesi sostenute dai legali del sessantenne.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane. L'imputato non era presente in aula: dalla presentazione della denuncia non risiede più con la moglie.
 

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