Jessica uccisa da un melanoma a 31 anni, chiesto 1 milione all'ospedale. «Esami sbagliati»

Martedì 31 Ottobre 2023 di Nicola Munaro
Jessica Foscarin è morta a 31 anni all'ospedale di Mirano per un melanoma il 13 luglio 2022

VENEZIA - Jessica Foscarin è morta a 31 anni il 13 luglio 2022 su un letto dell’ospedale di Mirano. L’ha uccisa un melanoma che lei ha combattuto oltre ogni speranza: si sarebbe dovuta sposare un anno dopo. Poco più di dieci anni prima si era tolta un neo che il suo medico aveva considerato sospetto ma che l’esame istologico successivo all’operazione aveva definito benigno. Nessuno ci aveva più pensato a quell’operazione fin quando, nel 2020, lei scopre un nodulo allo stesso seno e nello stesso punto dell’operazione subita anni prima: gli esami di laboratorio bollano il nodulo come un tumore maligno con metastasi. A quel punto è lei a tornare indietro con la mente e rispolverare l’intervento al neo. È la connessione che tutti stavano cercando: il tumore che ha ucciso Jessica nasce più di dieci anni prima, e - sostiene la famiglia - non era stato né capito né curato.
Sul caso della trentunenne di Campagna Lupia, nel cuore della Riviera del Brenta, la procura di Venezia ha aperto un’inchiesta penale mentre a marzo, davanti al tribunale Civile, ci sarà la prima udienza della causa aperta dalla famiglia di Jessica, assistita dagli avvocati Anna Paola Klinger e Massimo Dragone, contro l’Ulss 3.

Una causa da più di un milione di euro e che pone le proprie fondamenta sulla diagnosi successiva all’asportazione del neo.


LA STORIA
Nel 2010 Jessica Foscarin si fa togliere un neo sospetto al seno. L’esame istologico che viene fatto nei laboratori dell’ospedale dell’Angelo di Mestre per classificare la natura della parte asportata, restituisce esito negativo e il neo viene archiviato come un tumore benigno. Nessuna cura viene prescritta e l’operazione passa per una semplice routine.
Dieci anni dopo nello stesso posto compare un nodulo: la biopsia racconta di un tumore in fase di metastasi. I medici partono quindi alla ricerca della cellula impazzita che ha generato la metastasi. I ricordi e le cartelle cliniche riportano la giovane donna e i camici bianchi dell’Ulss 3 all’operazione al seno. Viene ripescato il tessuto conservato nella banca dati dell’Angelo e il vetrino viene rianalizzato: a quel punto la rilettura cambia la diagnosi in tumore maligno della pelle. 
Individuata la causa del tumore, la donna inizia la chemioterapia ma la sua battaglia si spegne una sera di luglio.


LA FAMIGLIA
Secondo i parenti, per i quali è importante che non succedano più casi simili, Jessica è morta a causa della omessa diagnosi di un melanoma che, per errore, nel referto istologico veniva confuso con un neo benigno. E una volta emerso il male, era troppo tardi per curarlo. I genitori, il fratello, il nonno e il compagno chiedono il risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti. Prima era stata chiesta una perizia al Tribunale da cui risulta, tra l’altro che, nell’ultimo periodo di vita, la trentunne si era sottoposta a ripetuti cicli di chemioterapia ed era ben consapevole della prognosi infausta a più o meno breve scadenza. 


L’ULSS 3
«L’esito dell’accertamento tecnico preventivo del tribunale non certifica responsabilità evidenti degli ospedali coinvolti in merito ad analisi e cure effettuate, mettendo invece in luce la particolare difficoltà di diagnosi rispetto al caso clinico - recita una nota dell’Ulss 3 - Motivo per cui i legali della famiglia decidono in questi giorni di citare in giudizio l’Azienda sanitaria. Inoltre la somma risarcitoria richiesta dai legali della famiglia, particolarmente ingente, induce l’azienda sanitaria a svolgere con i propri legali e con la compagnia assicurativa ogni ulteriore e opportuna valutazione».

Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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