Il fortino dimenticato della radio clandestina per gli italiani in Istria

Domenica 9 Aprile 2023 di Raffaella Vittadello
Il fortino dimenticato della radio clandestina per gli italiani in Istria

L’antenna di Radio Venezia Giulia trasmetteva fino a 400 chilometri dalla struttura militare della Rocchetta al Lido di Venezia fino al 1950.

Ora è del Demanio civile.

VENEZIA - Autunno 1945, immediato dopoguerra: Il Lido di Venezia è la propaggine sull'Adriatico più vicina alle terre che fino a pochi mesi prima erano italiane. L'antenna di Radio Venezia Giulia, alta 70 metri, riusciva a trasmettere in un raggio di 400 chilometri, ed era il principale mezzo di informazione clandestina che riusciva a raggiungere gli italiani rimasti oltre confine. La radio infatti era ascoltata di nascosto soprattutto dalle popolazioni dell'Istria sotto il controllo jugoslavo, che sfidavano possibili ritorsioni, anche se le frequenze erano captate fino alla Lombardia e all'Emilia Romagna.


La redazione dell'emittente era a Venezia, prima a Palazzo Tiepolo Passi a San Tomà e poi a Sant'Angelo, in calle degli Avvocati. L'impianto ad alta frequenza era collegato con un trasmettitore, dapprima posizionato nel convento di San Nicolò del Lido. Ma poiché lì talvolta erano ospitati in gran segreto anche dei profughi, nel timore che fossero scoperti l'antenna fu spostata al forte del Ridotto, a poca distanza, di proprietà della Marina Militare. E lì la posizione fu probabilmente individuata. Il controspionaggio degli angloamericani ordinò che fosse disattivata. Si optò per un nuovo trasferimento, alla Batteria Rocchetta degli Alberoni, area militare sempre della Marina, ma più defilata.


E da lì continuò a trasmettere fino al 1950, quando la gestione della stazione radio fu acquisita dalla Rai e l'impianto fu trasferito altrove, probabilmente a Campalto. Oggi di quella parentesi di storia recente rimane solo un basamento di cemento armato, all'interno della costruzione militare, la Rocchetta, che si affaccia sulla bocca di porto di Malamocco, un complesso passato nella gestione del Demanio civile, negli anni 2000, che ne è appena rientrato in possesso dopo la morte dell'ultimo concessionario.

LA TRACCIA
La riscoperta di questa traccia del passato così interessante, per una delle numerosissime fortificazioni del Lido di Venezia, è stata rispolverata da Daniela Giadresco, dell'Associazione italiana Castelli, attraverso il libro di Roberto Spazzali "Radio Venezia Giulia. Informazione, propaganda e intelligence nella «guerra fredda» adriatica (1945-1954)" scritto una decina di anni fa. Un modo per riportare d'attualità il possibile riutilizzo a fini didattici e di valorizzazione storica di questo luogo dal passato così travagliato. Occasione di divulgazione è stata una conferenza di Andrea Grigoletto, dell'Istituto Italiano dei Castelli, sulla storia delle fortificazioni veneziane nel secondo Dopoguerra "nella complessa vicenda del confine orientale e sul caso della Batteria Rocchetta", che sarà replicata a Trieste a fine mese.


«Il Lido, prima di essere l'isola d'oro della bella vita e del relax, con sviluppo negli anni 30, era essenzialmente un'isola militare, la cui popolazione era composta da soldati e contadini in piccoli borghi - spiega Grigoletto - Le fortificazioni edificate dalla Serenissima a difesa delle bocche di porto, da Forte Sant'Andrea a Forte Ca' Roman e forte San Felice a Chioggia, erano state riempite di artiglieria e attrezzate durante la dominazione austriaca. Dal 1866 Venezia fu annessa all'Italia e gli italiani ammodernarono quelle fortificazioni. Ma è stato scoperto che i servizi segreti austriaci, ad inizio secolo, avevano un piano di attacco contro Venezia, ben prima dello scoppio della prima Guerra Mondiale: gli austro-ungarici avevano catalogato tutte le fortificazioni con allegate le piantine, molto dettagliate e precise, denominate con il luogo in cui si trovavano». Tanto che ad esempio nella batteria Emo, a Ca' Bianca, c'erano i generatori che dovevano alimentare la rete elettrica di tutti gli apparati militari. Ma il Lido ebbe un altro destino, e dopo la Grande Guerra divenne l'isola delle vacanze dell'elite, la spiaggia di Venezia, con la costruzione dell'Hotel Excelsior e delle ville Liberty.

RISCHIO
Oggi queste fortificazioni sono abbandonate e rischiano di trascinare nell'oblio i fatti di cui sono state protagoniste. Negli anni 2000 sono passate dalla gestione militare alla proprietà del Demanio Civile. Ci sono stati alcuni tentativi di valorizzazione. Ad esempio, di recente, il forte di Sant'Andrea, baluardo nord all'ingresso della bocca di porto del Lido, è stato messo sul mercato perché venga espressa una "manifestazione di interesse", con la sua eventuale trasformazione. Ma la procedura non ha ancora sortito l'effetto sperato. L'unico forte recuperato attualmente è quello di San Felice, a Chioggia, dove una collaborazione con il Provveditorato alle Opere pubbliche e con il Comune ha permesso il restauro e il riutilizzo.
Più sfortunata l'asta dell'ottagono di Ca' Roman, un'isola che un imprenditore marchigiano aveva "conquistato" con un bando ad evidenza pubblica del Demanio, per trasformarla in un'isola dedicata al turismo esperienziale, ai "glampers", campeggiatori da hotel 5 stelle che amano immergersi in una natura incontaminata. Salvo poi ritrovarsi "bocciato" dal Demanio stesso per "incongruità del valore della proposta".

PROGETTI
E come per gli altri forti, anche per la Batteria Rocchetta degli Alberoni si pone il problema del futuro riutilizzo, tra l'ipotesi di vendita o di una progettualità ancora lontana, una storia diversa da quella che si è invece concretizzata nella vicina area di Cavallino Treporti, dove la riscoperta della Batteria Pisani è diventata occasione di ampliamento dell'offerta turistica.
«Si potrebbero sfruttare i fondi per le opere di compensazione del Mose - abbozza Grigoletto - si tratta di una parte di quei 122 milioni che devono essere utilizzati per "mitigare" e ristorare l'ambiente legati al Mose. Ci sono delle associazioni ambientaliste interessate alla gestione, ovviamente una volta che gli edifici fossero messi in sicurezza. Si tratta di un'area di altissimo valore ambientale, tutelata dall'Unione europea come sito simbolo di biodiversità. Ci vorrebbe un progetto che coniughi l'importanza storica che riveste la Batteria con il pregio ambientale dell'area in cui è immersa».

Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 12:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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