Evitar Kipnis e Lilach Havron, l'appello della nipote dei due israeliani/italiani rapiti da Hamas: «Mi zio ha bisogno di farmaci e cure, aiutateci»

L'appello disperato a Palazzo Chigi per chiedere l'intercessione di Giorgia Meloni

Martedì 17 Ottobre 2023 di Franca Giansoldati
Evitar Kipnis e Lilach Havron, l'appello della nipote dei due israeliani/italiani rapiti da Hamas: «Mi zio ha bisogno di farmaci e cure, aiutateci»

E' un appello disperato, disperatissimo, quasi un messaggio in bottiglia, quello che arriva a Palazzo Chigi proveniente dagli Stati Uniti e, congiuntamente, da Tel Aviv ed è rivolto alla premier Giorgia Meloni.

«Ci aiuti anche lei per il rilascio di Evitar e Lilach.

Sono stati presi in ostaggio da Hamas. Entrambi hanno la doppia cittadinanza italiana e israeliana». Firmato: Tsafra, Gaia, Nathalie, Yotam e Nadav, rispettivamente nipoti e il figlio (Nadav) di Evitar Kipnis, 65 anni e Lilach Havron, 60 anni rapiti durante il blitz dei terroristi a Be'eri in cui vivevano.

Israele, gli Stati Uniti vogliono evitare l'escalation e il contagio della guerra in Medio Oriente ma intanto scelgono uomini da inviare

I due scomparsi dal kibbutz

Anche quel kibbutz è stato teatro di una carneficina, con almeno 100 persone trovate senza vita, uccise nelle loro abitazioni, in giardino, nelle auto, mentre cercavano di nascondersi. E' da quel giorno che di loro i parenti hanno perso le tracce, anche se sanno con certezza che si trovano a Gaza, sequestrati con gli altri 150 israeliani. “Mio zio soffre di una malattia che necessita di farmaci e cure ospedaliere regolari, altrimenti non sopravviverà. E' una malattia che si chiama polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP) è una patologia rara dei nervi periferici che è caratterizzata da una graduale e progressiva perdita di forza muscolare con alterazioni della sensibilità a livello di braccia e gambe.».

L'ULTIMO CONTATTO

Nadav, il figlio, ha sentito i genitori l'ultima volta poco dopo le nove di sabato mattina, durante la carneficina. Si stavano mettendo al riparo nella loro stanza dopo che i militanti avevano iniziato a prendere d'assalto il kibbutz di Be'eri. La parte nella quale si sentivano gli spari non era tanto vicina dalla loro abitazione situata nella parte sud della comunità anche se potevano sentire indistintamente i colpi d'arma da fuoco. In una chat di famiglia, quel giorno, tutti venivano informati in tempo reale di quello che stava accadendo con i terroristi che andavano di casa in casa e a volte dando fuoco alle stanze.

 

Nella loro abitazione i coniugi abitavano con un badante poichè Evitar è in carrozzella da alcuni anni, da quando si è aggravata la malattia di cui soffre. Oltre alla coppia e al collaboratore domestico, sono stati portati via altri otto parenti della famiglia di Lilach Havron, tra cui alcuni bambini. «I telefoni cellulari sono stati rintracciati proprio a Gaza» fa sapere Nathalie Smith, la nipote di Evitar che in questi giorni si è mobilitata dagli Stati Uniti per sostenere il cugino Nadav  in Israele. Entrambi hanno preso contatti con le ambasciate italiane fornendo gli identificativi dei passaporti. Nathalie scandisce lettere e cifre: YB4185373 e YB4185374. «La cittadinanza italiana è attraverso la nonna paterna che arrivava da Livorno e dopo il 1945 si è trasferita in Israele, transitando prima dalla Tunisia». Una storia piuttosto comune di tanti abitanti israeliani che dopo la Shoah arrivarono da ogni parte d'Europa in Israele per sentirsi più sicuri dopo il trauma subito con l'antisemitismo durante la seconda guerra mondiale e le camere a gas.

LA STORIA

Evitar, prima di ammalarsi di una patologia che lo ha colpito ai muscoli e ai nervi fino a ridurlo alla parziale immobilità, è stato direttore della comunità di Be'eri, laureato in sostenibilità all'Istituto israeliano di Tecnologia di Haiva, mentre Lilach è una psicoterapista specializzata a trattare bambini con gravi traumi. Ha lavorato a lungo con piccoli pazienti israeliani nelle comunità vicine alla striscia di Gaza e ha scrito anche un libro che viene distribuito nelle comunità per aiutare a curare con atteggiamenti positivi l'infanzia ferita. «Quando era universitaria, Lilach ha aiutato per lungo tempo i prigionieri palestinesi che erano detenuti a Gerusalemme» racconta la nipote Nathalie. «La casa di Evitar and Lilach era sempre aperta a tutti. Avevano ospitato anche adolescenti problematici e soli che poi con il tempo avevano fatto parte della loro famiglia allargata».

Ultimo aggiornamento: 17:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA