La prof assenteista di Chioggia: «Cacciata per incapacità didattica, non ho avuto alcuna destituzione»

Sabato 8 Luglio 2023 di Diego Degan
Cinzia Paolina De Lio

CHIOGGIA - «Mai stata oggetto di sanzioni disciplinari e, per di più, sono stata condannata con una procedura illegittima». Si difende così la professoressa Cinzia Paolina De Lio, divenuta la personificazione mediatica della "docente assenteista" dopo la sentenza della Cassazione che riportava il computo delle sue assenze dall'insegnamento: 20 anni su 24 di carriera scolastica.

Un tasso di assenze talmente alto da provocare scandalo nell'opinione pubblica e commenti poco lusinghieri nei suoi confronti.

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Lei, a caldo, non aveva dato risposte ai giornalisti che l'avevano raggiunta ma, col passare dei giorni ha raccolto le idee e inviato, tramite un «ufficio stampa» (così sono firmati) due comunicati in cui spiega la sua posizione. Nel primo afferma di non essere stata «destituita», bensì «dispensata» dall'insegnamento, osservando che la destituzione sarebbe la più grave sanzione disciplinare possibile, ma che lei mai è stata oggetto di sanzioni disciplinari. Un'osservazione legata a qualche articolo di stampa forse formulato in termini impropri, ma in perfetta coerenza con la sentenza della Cassazione che, citando e confermando la sentenza d'Appello, ugualmente sfavorevole alla De Lio, afferma che «non si è trattato di una sanzione disciplinare, ma di una dispensa dal servizio per motivi obiettivi», ovvero la «incapacità didattica assoluta e permanente».


Quanto alle assenze, nel secondo comunicato, la De Lio afferma che esse non erano state presentate nel giudizio di primo grado (che le aveva dato ragione) e che sono state introdotte, in Appello, violando il codice di procedura civile che non ammette "nuovi" elementi d'accusa nel corso del procedimento. Una tesi che, in realtà, la De Lio aveva già espresso, in Cassazione, tra i motivi del suo ricorso contro la sentenza d'Appello. E che la Cassazione aveva rigettato spiegando che «le prolungate assenze della professoressa non hanno costituito elemento fondativo della incapacità didattica». Inoltre non si tratterebbe di un "nuovo" elemento, in quanto «la circostanza delle assenze già emergeva «dai registri pubblici riportati nei verbali della commissione ispettiva... il che induce a ritenere che i suddetti atti (ulteriori) prodotti in appello non siano stati nuovi, ma meramente integrativi di dati già emergenti da altra rituale produzione in primo grado, come tali acquisibili anche d'ufficio».
In realtà, quelle assenze un peso l'hanno avuto, ma non quello sostenuto dalla De Lio. Sono servite invece a documentare che il periodo dell'ispezione ministeriale (circa 5 mesi tra il 2015 e il 2016) che il giudice di primo grado aveva ritenuto «insufficiente» a valutare l'attitudine didattica della professoressa era, invece, date le sue molte assenze «l'unico periodo di insegnamento concretamente valutabile».

Ultimo aggiornamento: 16:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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