A Venezia i negozi di vicinato stanno scomparendo, all-in sul turismo "mordi e fuggi": «I rapporti umani si dissolvono»

Domenica 17 Marzo 2024 di Lorenzo Miozzo
Negozi di vicinato a Venezia, aumentano le chiusure

Se Venezia di per sé è una città che sta cambiando sempre di più per adeguarsi al turismo di massa che la assale, il fenomeno è a maggior ragione amplificato per il sestiere più centrale, quello di San Marco. La zona di San Marco è sempre meno residenziale e, oltre ad essere sensibilmente diminuito il numero di veneziani che ci abita, si contano ormai sulle dita di una mano i negozi di vicinato rimasti. Negli ultimi anni, infatti, molti negozi a misura di cittadino hanno dovuto spostare la propria ubicazione o addirittura chiudere, vista la grande difficoltà riscontrata nel riuscire a rimanere nel sestiere pur mantenendo un bilancio economico positivo.

Basti pensare ad alcuni storici punti di riferimento per i veneziani. 

Il negozio di cancelleria Testolini ha dovuto prima spostarsi e da qualche anno è sparito, il ferramenta-casalinghi Ratti ha dovuto cambiare sede e ridimensionarsi, i panifici Coluccio e Gorghetto non ci sono più, così come il fruttivendolo in Calle de la Mandola, mentre il panificio-alimentari Rizzo in Calle Fiubera è diventato uno dei tanti bar-ristoranti per turisti della zona. La situazione che si presenta girando per le calli e per i campi è più o meno sempre la stessa: a farla da padrone sono sempre di più i negozi di paccottiglia, i ristoranti di bassa qualità, i locali che offrono cibo economico take-away, tutti quasi sempre gestiti da personale straniero. Anche i servizi più classici, e che ogni città deve avere, si sono trasformati nell’ottica del turismo mordi e fuggi. Per fare degli esempi, la grande maggioranza delle edicole ormai vende soprattutto maschere e souvenir e solo in piccola parte qualche giornale, mentre più di un supermercato ha modificato la propria offerta, indirizzandola maggiormente verso la vendita di prodotti già pronti o monodose.

Se lo stato attuale delle cose crea disagio ai residenti che hanno bisogno di fare acquisti e si trovano spesso costretti a recarsi appositamente in terraferma o a ricorrere all’online, la situazione è particolarmente difficile anche per quei pochi commercianti che hanno tenuto aperti i loro storici negozi. Lo testimoniano anche le parole di Luca Caroldi e Stefano Bressanello della resiliente macelleria in Calle dei Fabbri, nata nel 1850: «Trent’anni fa qui attorno c’erano due fruttivendoli, un alimentari, due salumai e due panifici, oltre a noi. Oggi sono rimasti praticamente solo un panificio e un alimentari. È una zona fortemente usata per il turismo e poco popolata. Noi andiamo avanti soprattutto con la clientela del circondario che ci conosce perché siamo qua da tanti anni. Anche la vicinanza di tre supermercati ci rende le cose più difficili. Si lavora, ma con più fatica». «Non si può andare controtendenza – aggiungono – a meno che Venezia non torni ad essere più popolata. Si sarebbe dovuto tener conto che i negozi possono sopravvivere solo con l’affluenza di gente. Inoltre, se un negozio di vicinato chiude non riapre più e non c’è ricambio generazionale. È vero che ci sono i supermercati, ma così si perdono i punti di riferimento e la qualità».

Nella stessa direzione vanno le parole di Marco Mantovani dell’Ottica Mantovani in Calle dei Fuseri, fondata nel 1871 e che vanta il titolo di negozio di occhiali più vecchio d’Italia: «Nelle zone storiche i negozi che c'erano uno alla volta hanno chiuso o si sono spostati. È venuto a mancare il tessuto urbano, che è stato sostituito da un passaggio turistico e da un imbarbarimento che hanno creato un effetto centro commerciale con una decontestualizzazione delle attività artigianali e microfatturiere che erano le eccellenze di Venezia. Anche il nome Mercerie è ormai decontestualizzato, perché non si trovano più delle belle mercanzie, e dovrebbe trasformarsi in “Centro commerciale merci”». «Anche sotto il punto di vista sociale, umano e lavorativo – ha continuato – dall’inizio degli anni Duemila non si hanno più rapporti con i commercianti dei negozi vicini perché hanno un personale che viene da fuori Venezia e che cambia spesso, con cui non riesci ad avere un legame». Qualcuno riesce però ancora a resistere: «Per fortuna ci sono alcuni che prima di collassare hanno avuto la capacità e la forza di ricollocarsi in zone migliori, come abbiamo fatto noi. Quando eravamo alle Mercerie i clienti col tempo erano cambiati, anche perché probabilmente la collocazione era percepita male dai veneziani per il suo contesto fortemente turistico». 

Massimo Dittura, titolare dell’omonimo negozio di calzature friulane in Calle Fiubera ereditato dal padre e presente a Venezia dal 1966, conferma la difficoltà della situazione per i negozianti: «I turisti comprano gli articoli a un euro piuttosto di qualcosa di artigianale ma più costoso. Per fortuna ho clienti storici che mi conoscono da tanti anni. Non lavoro col turista se non quello che sa che sono qua e conosce l'attività. Il turista di adesso non guarda alla qualità ma a spendere poco». «Venezia è cara – aggiunge - e la gente va via. È caro per tutti abitare e anche per i negozi: ci sono affitti altissimi. Rimangono i negozi più radicati. Negozi come il mio ormai sono pochi e adesso le calzature come le mie le hanno anche i tabaccai, ma la qualità non è la stessa». Elsa Stella, titolare da quarant’anni del negozio di filati e atelier Lellabella in Calle de la Mandola, e la figlia Monica Novello, che da vent’anni lavora insieme a lei, si sono dette della stessa opinione: «La nostra metà della Calle de la Mandola per fortuna si salva ancora dai negozi turistici, ma siamo arrivati a dover centellinare i nostri spazi. Servono più negozi di pubblica utilità e non franchising. A Venezia o trovi la paccottiglia o negozi di altissimo livello e non c’è una via di mezzo, perché è difficile mantenere attività con articoli di qualità a prezzi calmierati. Una volta trovavi tutto e quando avevi bisogno di articoli particolari sapevi dove andare. Per trovare dei bottoni a noi tocca andare a Mestre e perdere mezza giornata. Il Comune ha tanti spazi che potrebbe dare a prezzi calmierati per attività di pubblico servizio. Se ci fossero delle politiche diverse forse esisterebbe una bella merceria anche qua». 

Ultimo aggiornamento: 16:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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