Matteo Moretti, titolare della vetreria eccellenza del made in Italy: «Il nome di Murano pesa, ma ormai il brand supera il nome»

Lunedì 29 Maggio 2023 di Edoardo Pittalis
Matteo Moretti, titolare della vetreria eccellenza del made in Italy: «Il nome di Murano pesa, ma ormai il brand supera il nome»

MURANO - «Il nome di Murano pesa, ma ormai il brand supera il nome. È come il diamante: resta un diamante, ma se è di Cartier ha un altro peso.

Così col vetro di Murano, resta un vetro pregiato però i marchi vanno oltre. Contano la ricerca, lo stile del designer, l'innovazione».

Matteo Moretti, 49 anni, quattro figli, è convinto che il vetro ha un futuro e che il made in Italy funziona; ma è soprattutto il brand che tranquillizza il cliente che assieme all'oggetto compra la storia e vuole sapere cosa c'è dietro. Per questo è stato acquisito il marchio Vistosi che c'è da 500 anni. Ora sono i Moretti Vistosi, selezionati tra le migliori 100 aziende del made in Italy, unica del settore, e premiati in una cerimonia a Montecitorio. L'Eurispes li ha collocati tra le eccellenze d'impresa. La sua famiglia ha trovato le tracce della Vistosi tra i documenti della Marciana: risalgono alla fine del Cinquecento, quando la Serenissima stilò il "libro d'oro" del vetro per limitare il numero dei fuochi nell'isola. Tra le famiglie abilitate a operare c'era quella dei Gazzabin. Anni dopo Zuane Geronimo Gazzabin avrebbe aperto la fornace Al Bastian, vetri da canna. Zuane era detto il "Vistoso", forse il suo modo di vestire non sfuggiva agli abitanti dell'isola, i suoi discendenti furono chiamati i Vistosi e con quel nome fecero la storia del vetro di Murano. In tempi recenti, all'alba degli Anni Cinquanta del Novecento, un pronipote di Zuane chiamò a collaborare con la sua vetreria i designer più famosi, da Gae Aulenti a Ettore Sottsass e Angelo Mangiarotti: i vasi e i calici e i lampadari divennero un modo nuovo di fare arte, nascevano gli "oggetti luminosi".
Oggi la Vetreria Vistosi Moretti è divisa in varie sedi: a Mogliano Veneto la parte commerciale con 34 dipendenti, produce lampadari in vetro di Murano per interni, arreda catene di hotel, ristoranti, collabora con marchi importanti come Bulgari, ha un padiglione alla Biennale per la Rolex. Le due vetrerie, con 60 dipendenti, sono a Casale sul Sile (Treviso) e a Salzano (Venezia). A Murano hanno aperto un museo virtuale. Il fatturato supera i 20 milioni di euro, gli Usa sono il mercato principale, esportano in 80 stati.

Come sono entrati i Moretti nel mondo del vetro?
«Mio padre è di Murano, era falegname, ma era figlio di un operaio della vetreria e dopo qualche anno di attività nel legno ha avuto l'occasione di cominciare nel settore di famiglia. Lui non conosceva la lavorazione del vetro, ma aveva il suo piccolo gruppo di lavoro, la "piazza": con un maestro, un aiuto maestro, il servente, il serventino. Fu necessario l'aiuto di tutti perché si imponesse nel vetro per illuminazione. Aveva uno spazio suo dentro una vetreria più grande, erano i primi anni Sessanta e c'era una domanda superiore all'offerta. Pochi anni dopo ha fondato la sua vetreria a Casale sul Sile assieme al partner storico, la Artemide, che era stata anche in società con i Vistosi. Nel 1989 mio padre ha comprato il marchio Vistosi e siamo diventati Vetreria Vistosi. Il prodotto che ci rappresenta meglio è "Giogali" di Angelo Mangiarotti, un lampadario componibile, un gancio in vetro brevettato nel 1967. È nel Museo del vetro di Murano, il solo oggetto esposto ancora in produzione. Ma ci rappresentano anche "Emblema" e "Diadema" e altri lampadari componibili. È importante la purezza delle linee e delle forme del vetro artistico il più possibile slegate dalle mode».

E Matteo quando entra in fabbrica?
«Nel 1993, allora era una ditta più piccola, pochissimi dipendenti, lo spazio commerciale era limitato, mio padre si occupava soprattutto della vetreria. Con lui non abbiamo mai lavorato assieme, ognuno faceva una cosa diversa: lui è sempre stato il mio fornitore. Quando ho incominciato avevo 18 anni e stavo concludendo gli studi. Allora vendevamo esclusivamente in Italia, ero l'unico in azienda a parlare le lingue e così ho sviluppato il lavoro all'estero, ora l'esportazione rappresenta l'80%. Uno dei grandi obiettivi era quello di sfruttare l'affermazione della nostra produzione di nicchia. Non esisteva internet, i cataloghi erano solo fotografici, dovevi cercarti il cliente. Il momento principale erano le Fiere, la Campionaria di Milano, Germania, America, per incontrare il cliente, contattarlo. Ho fatto tantissimi viaggi, ho costruito un po' alla volta. Oggi è diverso, l'ultimo nostro passaggio è virtuale: il cliente entra nel sito, può chiamare online 200 partner nel mondo, col suo stesso fuso orario, stessa lingua e stessa valuta, condividere audio e video, la visita virtuale diventa visita guidata. Certo il nome di Murano era anche allora una garanzia, soprattutto per l'attività turistica, ora contano la ricerca e l'innovazione. Da qualche anno siamo diventati produttori anche di sorgenti luminose: dobbiamo progettare, fare in modo che il led all'interno del prodotto abbia una resa estetica e di risparmio energetico e sia certificato».

C'è un futuro per il vetro?
«Sì, sotto forme un po' diverse. Certe lavorazioni più complesse, penso alle filigrane, si potrebbero perdere per essere poi magari riscoperte: le tecniche sono note, mancano le manualità che non sono più trasmesse di padre in figlio. Per il vetro ci sarà sempre richiesta. Nell'illuminazione non c'è un materiale alternativo al vetro che è pure un materiale sostenibile. Ha brillantezza, colorazione, trasparenza, mantiene inalterate le sue caratteristiche tecniche, non ha usura. Noi oggi abbiamo più domanda che capacità produttiva, dobbiamo rinunciare a lavori, c'è qualche difficoltà a reperire il materiale per rimanere su standard di qualità. La concorrenza al vetro di Murano è fortissima, subiamo anche noi tantissime copie, nonostante un sistema di monitoraggio anti plagio. Fortunatamente i modelli che ci vengono più copiati finiscono per portarci altre vendite. Sull'oggettistica turistica la vedo difficile che Murano sia competitivo: si tratta di acquisti veloci, impulsivi, costano poco. Il marchio di Murano è utilizzabile solo da chi produce tutto sull'isola, al cento per cento, così tanti non possono usarlo. Funziona solo se c'è la purezza, non puoi dichiarare che il tuo prodotto è al 90% made in Italy e al dieci per cento fatto chissà dove».

E il futuro della Moretti Vistosi?
«Poter continuare la tradizione, ma per questo è importante investire nella formazione. Il prodotto Vistosi vetro di Murano ha bisogno di essere raccontato. Ma abbiamo difficoltà a trovare personale specializzato nelle vetrerie, a volte anche per l'ufficio tecnico. Pochi vogliono fare i vetrai, ma io credo che ci sarà sempre un futuro, anche se su questo mio padre non è d'accordo con me, lui è più pessimista. Io credo che i genitori oggi debbano lasciare che i figli seguano le proprie inclinazioni, non imporle. In vetreria si lavora 8 ore al giorno, non si può andare oltre, alle 5 di sera dobbiamo smettere, svuotiamo i forni. Noi ogni notte fondiamo otto tonnellate di vetro di cui una buona parte adesso viene riciclata. Questo è un lavoro che lascia i giovani liberi sabato e domenica, oltre che tutte le sere. Un maestro vetraio guadagna bene, è sicuramente un lavoro fisico, non è leggero, ma col tempo sei allenato a farlo. C'è il problema di chi lo insegni, a Murano esiste una scuola del vetro. Noi investiamo nella formazione per far crescere i giovani, la clientela del resto apprezza la tua tradizione. Non tutti devono fare tutto, pure in questo settore oggi ci sono le specializzazioni. Così per il vetro, c'è il maestro che sa soffiare e quello che lavora a mano, chi soffia in forno lungo, chi in forno circolare, le tecniche sono diverse. C'è tantissima specializzazione e un'azienda deve avere ricambi generazionali».

Ultimo aggiornamento: 30 Maggio, 11:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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