Il Mose "infinito" slitta ancora: la fine dei lavori a settembre 2023

Giovedì 27 Gennaio 2022 di Roberta Brunetti
Mose

VENEZIA - C'è una nuova data da segnarsi nella travagliata vicenda del Mose: tra agosto e settembre 2023.

Per quella scadenza il cuore del sistema di dighe mobili - le cosiddette «opere civili ed elettromeccaniche» - sarà completato. Questa almeno è la nuova promessa del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili che ieri ha diffuso una nota sull'ultimo cronoprogramma immaginato per la grande opera, con un termine principale di 18 mesi, ma anche con una serie di altre scadenze fino a 4 anni. Tutti da calcolare a partire da marzo, quando dovrebbero ripartire i lavori fermi ormai da aprile dell'anno scorso. Ma il condizionale resta d'obbligo in un quadro di grande incertezza, segnato dalla crisi del concessionario Consorzio Venezia Nuova che attende di uscire dal concordato. Ultima data utile: il 28 febbraio. Ed è una corsa contro il tempo per chiudere accordi complessi e transazioni milionarie, che devono ottenere il via libera degli organi di controllo.

INTOPPI VECCHI E NUOVI

Iniziato nell'ormai lontanissimo 2003, il Mose doveva finire nel 2014, poi nel 2016. Di rinvio in rinvio, l'ultima scadenza per la consegna dell'opera allo Stato era stata fissata al 31 dicembre 2021. Pur questa saltata! Nel frattempo, da ottobre 2020, il sistema di dighe mobili è stato messo in funzione. Ha già salvato Venezia da una trentina di acque alte importanti. Ma sempre in modalità provvisoria, con gli impianti incompleti e senza un piano di manutenzione. Di qui l'urgenza di rilanciare i lavori. La soluzione sembrava essere vicinissima a settembre scorso con l'approvazione del VII Atto aggiuntivo tra Provveditorato alle Opere pubbliche e Cvn, che doveva sbloccare i 538 milioni stanziati dal Cipess per completare l'opera e assicurava «tempi certi relativamente alle modalità attuative: 24 mesi dalla ripresa dei lavori/cantieri all'ultimazione dell'opera» per citare la nota ministeriale di allora. Quando ancora si immaginava che la scadenza di fine anno per l'uscita dal concordato e la ripresa dei lavori fosse rispettata. In realtà il Cvn ha dovuto chiedere una proroga fino al 28 febbraio, mentre il VII Atto è stato bocciato dalla Corte dei conti per una serie di pasticci procedurali. Intoppi su intoppi.

TEMPI INCERTI

Così, l'altro giorno, il Provveditorato ha inviato all'organo di controllo una nuova versione dell'atto, rivista e corretta. Ed è qui, in allegato, il nuovo cronoprogramma che moltiplica le scadenze: 18 mesi per le opere alle bocche di porto di Lido-Treporti e San Nicolò, 21 mesi per quelle di Chioggia, 3 anni per Malamocco, dove c'è la conca di navigazione da riparare. E ancora: 2 anni e mezzo per gli interventi all'Arsenale, 4 anni per ripristinare criticità, manutenzione e collaudi... La nota ministeriale insiste sulla scadenza dei 18 mesi, ma ammette che per la consegna allo Stato dell'opera bisogna mettere in conto 4 anni. La questione vera, però, è da quando calcolarli. «I cantieri potranno riaprire una volta risolta la fase di criticità finanziaria che sta attraversando il Cvn, entro il prossimo 28 febbraio. A partire da marzo, inizierà la conta dei 18 mesi come da cronoprogramma» rassicura la nota. Ma tutto è legato al ribattezzato accordone per salvare il Cvn dal fallimento, con gli accordi con le imprese creditrici, da un lato, e la transazione con il Provveditorato, dall'altra. Passaggio delicato perché ci sono tanti soldi pubblici a cui rinunciare. Servono i via libera di Avvocatura di Stato, Corte dei conti, Consiglio superiore dei Lavori pubblici. E da qui sarebbero già arrivati dubbi. Tanto da ipotizzare il ricorso ad una leggina per superarli. Tra nuovi problemi e cantieri fermi, si è almeno sbloccata la gara per la manutenzione delle paratoie di Treporti. In questi giorni il Cvn l'ha definitivamente assegnata a Fincantieri, dopo tre anni di battaglie legali e uno stallo di mesi.
 

Ultimo aggiornamento: 13:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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