VENEZIA - C’è un terzo indagato per la morte di Bruno Modenese, paziente psichiatrico di 45 anni, avvenuta all’interno del reparto, all’ospedale Civile di Venezia la sera di martedì 19 settembre.
PIZZA CON I GENITORI
Figlio di pescatori, Bruno Modenese si era dedicato a questa attività per poi lasciare il lavoro in quanto riconosciuto invalido al cento per cento: da tempo era in cura al Centro di salute mentale di Venezia. La sera di sabato 16 settembre, dopo aver mangiato la pizza con i genitori (con cui sarebbe dovuto partire il giorno seguente per una vacanza) era passato a salutare gli amici al bar, dove si è sentito male. All’arrivo dell’ambulanza, l’uomo vi era salito di propria volontà ed era arrivato al pronto soccorso accompagnato dai carabinieri «perché manifestava uno stato di alterazione e di aggressività». Il giorno seguente al padre fu detto che Bruno si trovava in terapia intensiva, «sedato, in quanto agitato e “respirava male”, ma che tutto era sotto controllo». In una telefonata successiva fu invece prospettata una situazione ben peggiore: «coma, dopo un arresto cardio-circolatorio».
IL SOSPETTO
«Purtroppo si sta confermando quanto sospettavamo fin dal primo momento - si sfoga Emanuele Modenese, fratello maggiore di Bruno - delle lesioni così gravi non possono essere provocate solo da due persone. Infatti sono certo che l’inchiesta si allargherà ancora a “macchia d’olio” e quindi attendiamo con fiducia, e con calma, il lavoro della magistratura». C’è un altro aspetto da chiarire stando al racconto dei familiari. «Hanno tentato di coprire i fatti - prosegue Modenese - non dicendoci la verità e mentendo fino all’ultimo. Inizialmente ci hanno detto che non sapevano niente. Ma io ho dei messaggi, che sono già stati consegnati alla magistratura, in cui il primario della Rianimazione ci dice chiaramente che mio fratello è arrivato lì già con fratture multiple e in fin di vita».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout